Mi sono amputata le gambe
per imparare a correre
sul filo teso delle utopie
a mezzogiorno
ho assorbito istanti
senza dare nomi
a mezzanotte
ho slacciato parole
lasciandomi salvare
è carezza il silenzio
da Il Funambolo sull'erba blu (Besa editrice)
Quando l'arte diventa un mezzo per raccontarsi e per mostrarsi autentici, anche nel farsi cogliere da un lieve rossore, dato da un piccolo moto dell'animo o dal palpitare del cuore per un amore ricambiato. Quando con l'arte si cerca di attirare l'attenzione verso tutto ciò che sembra anonimo e che ci sfugge. Quando l'arte è denuncia delle condizioni della donna, e non solo. Quando l'arte è poesia e colore.
Il diritto al diverso
fino a prova contraria
non coprite il corpo di impronte
non acuite l'attesa della morte
non contaminate la vocazione alla luce
non passate il rullo compressore
sulle parole dell'anima
non decretate che non esiste
fino a prova contraria
il diritto al diverso
A volte è necessità che nasce, affiora in un luogo strano in un momento inopportuno. Altre volte è riposo solitario. Ma altre volte ancora, scrivere diventa difficile. Quando le parole sono troppo incastrate nei pensieri o i pensieri troppo ricorrenti ed insistenti, e le immagini si fanno monocromatiche e spezzate, tutt’altro che bozzettistiche.
Scrivere è per me un tempo. Un tempo in cui fermarmi, variare i ritmi, cambiare i battiti del quotidiano. Un tempo che posso imprimere al mio passo, dandogli la forma del mio pensiero, recuperando le immagini che distrattamente ho salvato nella mia memoria, per qualche motivo, andando qua e là per la vita...
Scrivere è per me anche un luogo. Un luogo in cui ritrovarmi con me stessa, fare i conti con ciò che spaccio di me ogni giorno in ogni incontro con l’altro, e col bottino che dell’altro mi porto via.
Scrivere è il luogo in cui proteggermi ed espormi, insieme rifugio e palco del mio io “saltimbanco dell’anima”...
Scrivere è luogo del mio presente e tempo della memoria.
Ed è stato proprio da questo scrivere che è nato “Pocomeno”: si è formato lentamente, trascinato dalla corrente dei pensieri e dal caso delle immagini che chiedevano forma, anzi, svariate forme.
“Pocomeno” non viene fuori da un’idea, infatti, né da una volontà predefinita o da una richiesta di chi conosceva la mia scrittura e sperava ne pubblicassi qualcosa.
Solo, ad un certo punto, ho sentito la necessità (ed eccolo che ritorna, dunque, questo necessario sentire ) di mettere insieme i vari testi che erano nati come organismi autonomi, ordinandoli in una forma più piena e completa, più corposa.
Così sono venute fuori le due sezioni del libro, e la terza, poi, in coda, quasi a sigillo, come volesse riportarmi e riportare chi legge alla realtà di ciò che sono, al di là di parole e pensieri, nel quotidiano.
La decisione di pubblicarlo è stato un passo successivo e non semplice: una scelta voluta dal desiderio di condivisione di quelle sensazioni ed immagini che avevo raccolto e raffinato attraverso le mie parole, nella convinzione (o forse speranza, piuttosto) che qualcuno potesse ritrovarsi tra quei versi, o semplicemente emozionarsi leggendo.
Da qui il titolo, nella sua volontà di essere “ comunione” d’umanità.
Arrivare a questo punto, però, ha significato anche dover superare lo scoglio del “tutto è già stato scritto, e bene, e meglio anche”: un pensiero, forse anche un po’ dilettantesco, di chi si accinge a passare da lettore ad autore, responsabilmente.
Chiara Galignano
“Pocomeno” – Lupo editore