giovedì 16 giugno 2011

Lettera d'amore a Bertrand Cantant, di Francesca Mazzucato (Giraldi). Intervento di Nunzio Festa





















Amore totale. E' quello che la scrittura di Francesca Mazzucato, della quale sappiamo molti libri, tanti dei quali, tra l'altro, lungamente amati - dall'”Anarchiste” all'ancora più datato “Web cam” passando per il più recente “Romanza di Zurigo” - , consegna all'anima e cantante dei Noir Désir: Bertrand Lucien Bruno Cantat. Cantante e cantautore, questa penna e uomo che Francesca Mazzucato legge e ascolta, quale “poeta” che segna nell'intimo più intimo, ha avuto e ha una vita, d'altronde che ispira. Oltre essere ispirata. Scorrevole come un romanzo, la “Lettera d'amore” dell'autrice bolognese (per origini, s'intende, visto che i giorni della scrittrice sono fra Bologna Liguria Francia...) è un vero e proprio parallelo: tra le parole di Cantat, e il suo corpo, ovviamente, e le parole di Francesca, e il suo corpo, è ovvio. Questo libro pulsante non poteva che essere scritto da questa autrice. Romanziera, traduttrice dal francese e curatrice di opere – vedi la riedizione del saggio di Serra su de Sade, l'impegno di Mazzucato è quello d'indagare le mutazioni del tempo, che passano per le carni, ma seguendo le indicazioni del passato che sono il classico allungato nell'imperidibile foga della Letteratura. I tanti rimandi contenuti in “Lettera d'amore a Bertrand Cantand”, infatti, conducono nei versi di Carifi e nel lirismo di Apollinaire. Perché, però, Francesca Mazzucato sceglie di fare questo romanzo interamente a fiore per Cantat? I testi di Cantat, non si può che rispondere, sono dolore e passione, ovvero il pegno che le anime viaggiatrici dei margini pagano a un'intonazione con il reale. Certamente, le cronache ricorderanno di quando il cantante dei Noir Désir fu imprigionato per aver ucciso sua moglie Marie Trintignant e quanto la sua ex moglie morì in casa dello stesso Cantat, più che certe volte la melodia di Le vents nuos portera, ma Francesca Mazzucato guarda oltre la cronaca del giornale che finisce nel cestino. Le note scritte di Francesca Mazzucato spiegano il mondo di Bertrand Cantat e la sua dedizione per gli emarginati, le sue irregolarità che sono il sapore del genio e l'amore totale, stragrande, che il cantante e autore aveva per Trintignant. Naturalmente, l'autrice ha composto quest'opera corale e non corale, corale perché piovuta ingenuamente e genuinamente dal cuore e non corale in quanto ragionata al di là delle competenze degli altri sguardi pur poggiati nella narrazione, iniettandole nel suo sangue tutte le posizioni di testo che potessero dare altro calore alle 'ambientazioni' sensoriali. Allora, infine, chiediamoci: è davvero una dichiarazione d'amore? All'interrogativo, evidentemente, diciamo di contro che siamo esattamente dove san Francesco portò il Cantico alle “creazioni”. Dall'Hotel Coma, Francesca Mazzucato ode le urla di piacere e i patimenti che poi scaraventa, modellandoli attraverso la sua solita lingua gemmata e più che barocca. Si fa, di nuovo, di centri commerciali desolanti e strade lucide, angoli sempre puzzolenti, coca che rinnova l'etere. Una terra, sappiamo, che pullula, è proprio il caso di dire, di “pugili, puttane, rockers, efebici ragazzi in vendita, casuali, passanti curiosi di corteggiare l'abisso, diseredati, donne che si sono vendute il cuore scisso senza anestesia per amore”. Luoghi nei quali, per dire, Bertrand Lucien Bruno Cantat s'è piantato. Che non basta il successo. Oppure manco quando il successo non c'è è tutto perfetto. E la missiva che abbiamo letto, condizionante all'impossibile, corteggia tanto altro ancora.

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