Potente polo di attrazione intellettuale,
l’opera di Ernesto De Martino, dopo la «riscoperta» provocata dalla comparsa de
La fine del mondo, non ha più cessato di dominare la scena ermeneutica e di
esigere cospicui investimenti di energia da parte dei suoi interpreti. Nel
terreno della critica antropologica, il settore della «demartinologia» è ormai
uno dei più estesi e non si contano più i contributi destinati ad accrescerlo.
L’autore del presente volume ne è una prova:
dopo i quattro libri demartiniani fatti uscire tra la fine degli anni
Ottanta e l’anno scorso, egli ci presenta ora questi Cinque studi, anch’essi
demartiniani e anch’essi ostinatamente interessati a indagare oltre l’immediato
apparire.
Il tema è stavolta quello del
«ritorno» al Mondo magico realizzato a poco a poco dalle opere della fine, in
una sorta di riappropriazione-rilancio degli allargamenti storicistici
sacrificati allora. La sostanziale riscrittura delle tesi messe in crisi dai
«maestri» e demolite dall’«autocritica» viene letta ancora una volta come un
gesto di necessaria fedeltà alle antiche convinzioni, ma anche come la più
compiuta e oltrepassante rifondazione della loro modernità. Confermando la
natura quasi inesauribile della miniera-De Martino, i cinque scritti proposti
qui continuano a scavare nelle sue viscere e a inseguire filoni perduti o
tracce rimaste inosservate. Ne risultano approdi imprevisti e rovesciamenti di
prospettiva che riescono a restituire a De Martino qualche tratto importante
tra quelli lasciati in ombra dalla vulgata.
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