Ecco
Romano Sambati con il suo “Lacrimae rerum”. Dal 7 luglio fino al 7 settembre 2012 a tequile presso
Palazzo Andrioli in piazza San Vito. La mostra è a cura di Emanuele Coppola. Allestimento
Andrea Rollo. Il vernissage sarà sabato 7 giugno 2012 ore 18.30 e interverranno
Antonio Caiaffa (sindaco); Emidio Buttazzo (assessore alla Cultura); Emanuele
Coppola (curatore e autore di alcuni testi in catalogo). Patrocini Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, Museo Provinciale “Sigismondo
Castromediano” (Lecce), Regione Puglia, Provincia di Lecce, Università del
Salento. Catalogo Romano Sambati. Lacrimae rerum, a cura di Emanuele Coppola,
Degli Alami, Lecce 2012. Sponsor Nicolì per l’arte.
A
trent’anni esatti dal percorso di ricerca sul De rerum natura di Lucrezio,
Romano Sambati presenta l’ultimo risultato della sua attività pittorica e
scultorea. Il nuovo ciclo, che trae il nome da un celebre verso dell’Eneide di
Virgilio, Lacrimae rerum, comprende dipinti e sculture realizzati negli ultimi
sei anni, dopo che nel 2006 una mostra nella Chiesa leccese di San Francesco della
Scarpa aveva offerto alla riflessione del pubblico le facce essenzializzate del
paesaggio salentino. Lacrimae rerum, in allestimento presso il Palazzo Andrioli
di Lequile, è una discesa nel profondo di uno spazio in cui è bandito qualsiasi
elemento di riconoscibilità geografica e in cui appaiono tracce di presenze
umane, figure di argilla, in una resa estremamente estenuata, spoglia, che
frustra sistematicamente ogni tentativo di lettura familiarizzante. Due temi ricevono un particolare spicco: gli
Angeli senza Dio e gli Angeli senza cielo, che si inseriscono con una cifra
stilistica ben caratterizzata all’interno dell’angelografia occidentale,
accanto ai discendenti contemporanei degli angeli moderni di Paul Klee. Pitture
e sculture che annunciano allo sguardo tracce di una trascendenza metafisica,
‘religiosa’ in senso lato, ma in contrasto essenziale con i modi consueti e
codificati di vivere il sacro. “Pittore dell’ombra”, lo definisce Lorenzo
Mango: “[…] Sambati sa, come il pittore Wladimir di Rilke, che si può dare
corpo sensibile solo al tentativo di figurare l’assoluto, si può guardare
dentro l’abisso ma solo vederne l’ombra. Quell’ombra, il riflesso originario e
fondativo del mondo, il suo mistero, è tutto ciò che possiamo aspirare di
vedere, restando lì, come Wladimir, la faccia sulle mani, nel silenzio della
notte, ad ascoltarne il suono lontano”. Nel
saggio che accompagna il catalogo, Emanuele Coppola illustra la novità del
linguaggio pittorico di Sambati, tracciando un’analogia con la teologia apofatica:
“Apofatica è la pittura che ambisce a inverare una contraddizione: far rifluire
nei limiti precisi di un luogo fisico ciò che è oltre il fisico, negando
parimenti le soluzioni positivo-costruttive e quelle negativo-distruttive;
cosicché, se appare palese la sua differenza rispetto ai vari stili che hanno
contrassegnato l’epoca d’oro della figurazione classica, meno scontato ma
altrettanto netto è lo scarto rispetto a quella semantica della negazione del
mondo, che fiorisce con l’Espressionismo astratto e l’Informale”.
Sulla
produzione scultorea Antonio Del Guercio ha parole convincenti: “se considero
le sculture […] devo prendere atto del prezioso ‘far della mano’, per dirla con
linguaggio settecentesco, che in esse si incorpora. Questa straordinaria
sapienza artigianale, quasi all’incontro tra l’esattezza del gesto
dell’ebanista e la materialità erotica del gesto del pastaio, appare a servizio
di tutti quei dati psicologici e culturali che sono nelle pitture: quasi
fossero, queste preziose sculture, anche una sottile elegia sulla scomparsa del
fare artigianale popolano. Sospese tra amoroso rispetto di tradizioni
popolaresche, memoria struggente della plastica antica e crudele senso d’una
perdita irreversibile, le sculture di Sambati aggiungono la loro voce non
marginale a quella d’una persuasiva storia di pittura”. Accompagna la mostra
una pubblicazione a metà strada fra il tradizionale catalogo d’arte e lo studio
monografico: il volume, edito da Degli Alami, ospita gli interventi di Antonio
Del Guercio e Lorenzo Mango, autori di altri contributi critici su Sambati
negli anni Ottanta e Novanta, e un saggio di Emanuele Coppola, che ripercorre
ampia parte della carriera artistica di Sambati, impostandone
un’interpretazione generale. Sono riprodotti ventotto dipinti, ventidue
sculture e sei disegni; seguono, infine, una parte antologica (1981-2006), una
breve biografia dell’artista ed i consueti apparati bibliografici.
Romano
Sambati nasce a Lequile (LE) nel 1938. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti
di Napoli, presso maestri come Emilio Greco e Augusto Perez, ha insegnato
discipline pittoriche nel liceo artistico di Lecce fin dai primi anni Sessanta.
Ha cercato la sua via personale all’arte utilizzando mezzi poveri e mirando
alla resa massima di un’espressione ridotta all’essenziale; il suo percorso ha
un culmine nel 1981, con una mostra sul De rerum natura di Lucrezio e una
monografia del 1982 curata da Antonio Del Guercio. Negli anni successivi la
ricerca si incentra sui fenomeni del buio e della luce, colti nella loro
dimensione metafisica (notevole è il ciclo delle Males lunes, con tele esposte
in una mostra a Grenoble); nel 1998 presenta le sue prime opere di scultura
(Mal d’argilla); da ricordare, fra le esposizioni importanti, Il dolore nel mito
(2003, Ex Conservatorio di Sant’Anna, Lecce) e Geografie. Paesaggi a sud del
sud (2006, Chiesa di San Francesco della Scarpa, Lecce).
Info
e contatti
Comune
di Lequile
piazza
San Vito n. 23
tel.:
0832/639112
fax: 0832/638903
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