domenica 31 agosto 2008

Il Paese dei Balocchi di Maria Zimotti

MICHELE:

Internet è il paese dei balocchi.
E' come l'arte, come i sogni: si può tirare fuori il peggio di sé senza fare del male a nessuno.
Io esisto.
Mi vedo riflesso nello specchio in pixel.
Ci sono io con le mie gioie quotidiane e con tutta quell'altra parte di me che è pura essenza e può essere ciò che vuole.
Tanto io torno lo stesso al mattino a bermi il mio cappuccino al bar.
Ne sento il sapore languido e il rumore della macchina del caffè del bar è un suono rassicurante.
Realtà.
La realtà è sempre riportata alla coscienza dai sensi.
Il sibilo della macchina del caffè espresso mi fa svegliare.
E la misuro la realtà.
Le sensazioni hanno una fine, misurate dalla mia pelle, dalle mie mani, dai miei vesiti.
Solo nella Rete si dilatano le sensazioni.
Le notizie sono reiterate nel tempo e nello spazio e gli avvenimenti sembra che succedano sempre in qualsiasi momento.
Ma in qualsiasi momento si può spegnere tutto e ritornare a bere il caffè.
Come ho fatto questa mattina.
Tutto è successo nella realtà virtuale.
Ne ho solo un vago ricordo, come di un film visto a tarda notte nel dormiveglia.


RITA:

La bambina non cammina più per il mondo.
Non si può più muovere.
E' china e soffoca.
Soffoca non perchè le stringano la gola o l'abbiano coperta con qualcosa.
Soffoca perchè questo è il suo destino di donna.
Lei voleva essere libera, libera di fare tutto ma adesso è china qui, in terra straniera bloccata dall'angoscia del senso della fine.
E' successo tutto perchè ad un certo punto il suo corpo la chiamava in quell'orgia.
Sembravano tutti preda di un'allucinazione.
Non sentivano niente con i loro sensi ma solo le allucinazioni li guidavano.
Invece il corpo di Rita aveva cominciato a sentire.
Aveva cominciato a sentire le bestie rabbiose che stavano dentro quei corpi innocenti che da sé non avrebbero mai potuto fare del male.
E il suo corpo si ribellava ma era troppo tardi.


MICHELE:

Che cosa volevo?
Volevo solo sentire, sentire veramente.
La noia, non la sento più ora.
Mi sento spossato e sudato, come quando da bambino mi sedevo sulla terrazza davanti al mare in uno di quei pomeriggi di fine estate.
Lo scirocco nella luce che calava era esausto come le mie giovani gambe sbucciate dalle partite di pallone nella polvere.
Io sento ora il sapore di questo cappuccino come sentivo allora il refrigerio di acqua e limone sulla mia lingua arsa.
Penso a mio padre che mi ha chiamato stamattina e volevo piangere.
Ma io non sono più quel bambino.
Lo ero fino a ieri, fino a quando ho voluto fare quel gioco, quel gioco...
Ma non era vero, non era vero finchè non ho sentito lo scatto dell'elastico del suo reggiseno rotto.


RITA:

Il sesso è conoscenza.
Rita l'aveva sempre pensato questo.
Tutto ciò che è successo è stato l'evoluzione di quella bambina che voleva conoscere il mondo e la vita.
Il mondo, la vita: quante volte queste due parole hanno lo stesso significato.
Il mondo è brutto, la vita mi ha tradito.
Questo pensiero accompagnava la fine di Rita nella stanza dove tante volte aveva navigato nel paese dei balocchi, nella babele, nel melting pot.
In Internet c'è il mondo e c'è la vita.
Il mondo grandissimo che mai si potrà visitare tutto nella vita e il senso della vita cioè l'ossessione sessuale sono lì a portata di mouse.
Ma sono piaceri superficiali come i passi a mezz'aria che spesso popolano i sogni.


MICHELE:

E' così, è così, cercavamo solo di reificare la sessualità surreale del mondo virtuale, quella dove
si gioca con le bambole in carne ed ossa.
Lei non poteva sentire male, era finta e quindi potevamo osare.
Le immagini oniriche erano risvegliate dal crack.
Eravamo nel gorgo.
Era venuto fuori anche quel sogno della mannaia.
Io l'ho fatto una volta e mi ero svegliato sudato.
Si poteva fare, per finta si poteva fare.
Ma la bambola aveva cominciato a piangere.
A piangere, invece doveva divincolarsi al massimo.
Non piangere.
Mi stavo svegliando ma gli altri no e lei ora non c'è più.

QUELLO CHE RESTA:

Il campo di battaglia è la stanza incasinata.
La furia si è scatenata qui, si sente.
Un piede spunta fuori dalla coperta, come in un film horror, come nei tanti CSI con corpi inermi mostrati oscenamente e conditi di commenti asettici di maghi della scientifica.
La vittima sacrificale dell'esaltazione dei sensi ha placato tutte le insoddisfazioni che si sono cortocircuitate in questa stanza.
I suoi occhi chiusi sul suo pudore di bambina si riapriranno infinite volte nel circuito mediatico e sempre sembrera di vederla rialzarsi, sdraiarsi con tutta la sua giovinezza sul lettino spartano di una stanza di studentessa fuorisede .
Corpo vivo che si rilassa senza malizia, con la pienezza di stare nel mondo con libertà di movimenti.
La realtà ha l'odore del caos.
Nel silenzio c'è il ticchettio di una sveglia.
Dopotutto questa è una delle tante case della provincia italiana.
Gli ameni paesini dai tetti rossi che punteggiano la spina dorsale dell'Italia, quell'Appennino che sembra presepe dai viadotti dell'Autostrada del Sole.
L'orologio è una vecchia sveglia lasciata qui forse da una vecchietta che vi abitava e che ha affittato la casa a questi studenti, che se avesse saputo...
C'è in tutte le case italiane, ne ho viste dappertutto di uguali.
C'è disegnata sopra una gallina che muove ritmicamente la testa battendo i secondi.
E' la realtà, il tempo che torna normale.
E' come se fosse passato un uragano, ha sconvolto tutto e ora c'è la quiete.
Ci sono i detriti abbandonati.
Tra questi il corpo di una ragazza vinto dai demoni di esseri umani allevati dai videogiochi.

sabato 30 agosto 2008

Due inediti di Annamaria Ferramosca


Nonostante le matte capriole sull’erba
il battesimo di malva sui fianchi
questa vita non si lascia conquistare -dici-
questa cieca primavera
di spietato splendore non la prendo

hai tutte le ragioni, sei
creatura sacrificale ad un sole segreto
sebbene tu a cavallo dei raggi, al galoppo

un attimo basterebbe, chiarissimo
almeno un bagliore
con te sulle mie spalle
a fiorire di luce


***


Mezzogiorno del tuo sonno senza sogni
sazia di vuotonottediscoteca

sapessi come grondano, ora, di silenzio
i muri impiastrati di vapore extatico
illividiti dai lampi dai sussulti
rombo di techno o cuore?

annaspa in aria quel tuo vorrei vorrei…
interminato
ingoiato dal blu psichedelico
ti svegli e non sai più ricomporne le ali
potessi io afferrarle, vorrei vorrei
salvarle per il tuo domani



2 INEDITI DEPOSITATI , LETTI AL MAGGIO SERMONETANO 2008

venerdì 29 agosto 2008

Eva (diario dall'Eden) e 8 marzo 2003 di Annamaria Ferramosca


















Eva
(diario dall’Eden )


Alba. Mi sveglia
un’inquietudine lucida: solito
letto di fiori, solito
traboccante profumo
Nausea. Questa luce imperiosa
che mi ama in ogni millimetro, eterna
Mi vedo deforme
in questa veste deiforme, perfetta

Ho sognato, stanotte
profezie di dolore: vagavo
lupa in cattività, nel Giardino
sontuoso, immutabile
Non resisto. Allo zenit fuggo
decisa, sotto l’ombra del melo

Scelgo. Il dolore che libera
la finitezza del tempo
Addento
la polpa sapida e bassa
che mi abbassa
fino alla terra scarlatta, all’essenza
dell’humus, sangue della nascita

Notte. Adamo
oh mio capitano
non puoi che seguirmi
seguire il vaso intuitivo
di femmina, il tuo femminile
cavità del tuo desiderio
pienezza della mia costruzione

Benedico quel frutto
E’ valso soffrire se il grido
mentre offro mio figlio alla terra
il mio grido, il suo grido
è sublime

Germogliano intanto
i semi di mela che avevo sputato
Intorno
ho un ardente meleto





8 Marzo 2003
a chi mi chiede se ci sarà guerra


Accolgo la tua pena, la stratifico
sulla mia luna stupefatta
su questi piccoli soli di mimosa in eclisse
anch’io coperta d’ombra, incredula
per questo terrore antico
per questa balbuzie di preliminari
Il gioco non ha regole - non si gioca col fuoco -
è gioco che traccia la storia - come dicono -
ineluttabile
( Forse. Le tracce insondabili, scarlatte )

Resto nella caverna dove mi sospingono
tigre accucciata, strega carezzevole
Tra le gambe stringo il mistero traslucido
el amor brujo, l’uovo da proteggere
Non smetto
il mio canto sommesso che dissuade
paziente, sotto
l’impazienza del cielo





da Curve di livello di Annamaria Ferramosca
Marsilio, collana Elleffe, 2006

giovedì 28 agosto 2008

Caterina Gerardi parla di donne e carcere


Da tempo desideravo entrare nel carcere di Lecce e conoscere da vicino un’altra parte della mia città. Chi conosce i miei lavori fotografici sa che la mia attenzione è stata rivolta sempre alle cose “diverse”, a ciò che è in ombra, che non si vede o che non si vuole vedere. Riguardo alla città, già nell ’89 avevo pubblicato “Senza Cornice”, un’analisi fotografica sui pornograffiti reperiti nelle masserie e case abbandonate della periferia urbana; ho raccontato, quindi, non la mia città, quella che fa spettacolo di sé, ma quella che rimane in ombra, ma che vive e respira in periferia.
Nel ’98 ho pubblicato “La Città Ultima”, l’altra città, la città dei morti. Oggi, con il film “nella Casa di Borgo San Nicola”, e questa volta non da sola, ma con Sandra e Rosamaria, indago un altro luogo, il carcere, una città nella città, un mondo sconosciuto, invisibile e, all’interno di questo mondo, ho fatto la scelta di analizzare la reclusione femminile, ancora più invisibile per una serie di ragioni, tante e complesse. Qui, però, voglio indicare una di queste ragioni, che a mio parere, ci aiuta a capire perché quando si parla di detenzione spesso si ignora la componente femminile, e spiega anche perché all’interno della struttura carceraria, si accentuano e si aggravano quei fenomeni di emarginazione e di discriminazione cui sono soggette le donne anche nella società esterna. Sembra paradossale, ma la difficoltà principale sta, pensate un po’, nell’esiguo numero di donne in carcere e nella loro dispersione in tante piccole sezioni femminili ospitate all’interno di carceri maschili (63 in Italia) e in pochi istituti esclusivamente femminili (solo 5). In Italia, il tasso di carcerazione femminile è attestato da anni tra il 4 e il 5%. Al 31 dicembre 2007, su 48.693 persone detenute, solo 2.175 erano donne. Ora, questo dato, anziché rendere più affrontabile il problema, lo complica, in quanto le poche risorse esistenti vengono convogliate verso la massa più numerosa dei maschi, e quindi l’offerta di operatori, corsi professionali, attività trattamentali, ecc., diventa scarsissima.
Inoltre, la totale mancanza di politiche di genere che affrontino i bisogni specifici delle donne, rende la detenzione femminile ancora più tragica e devastante di quella dei maschi.
Tutto questo fa pensare che sia giunto il tempo di ricercare misure alternative alla detenzione perché, come dicono alcune intervistate “il carcere non è per le donne”, e con questa affermazione non intendono scansare le proprie responsabilità, anzi, loro riconoscono di aver commesso il reato e che la pena va scontata, ma sono le modalità che devono cambiare. Sul territorio nazionale vi sono già esempi significativi di misure alternative alla detenzione. Nell’agosto del ’96 c’è stata la trasformazione della Casa Circondariale di Empoli in Custodia “Attenuata”, per tossicodipendenti e non, dove ogni donna ha un progetto individuale che la porterà ad un vero inserimento sociale. Nel 2006 la Provincia di Milano in accordo col Comune ha fornito una struttura per avviare un esperimento unico in Italia finora: una casa di Custodia “Attenuata”, in cui le detenute e i loro bambini piccoli possano ricreare un’atmosfera quanto più vicina alla vita quotidiana di una famiglia non costretta in carcere, che non condizioni lo sviluppo dei bambini. Per concludere, nel film si raccontano non solo le storie, bensì i percorsi istituzionali, le norme che regolano la detenzione per fornire uno spunto di riflessione sulla pena detentiva, in primo luogo per le donne, e poi, a partire da loro, anche per gli uomini.


donnecarcere.blogspot.com
www.caterinagerardi.eu

mercoledì 27 agosto 2008

Tutte le mura son vinte dal fuoco... di Antonella Montagna


Tutte le mura son vinte dal fuoco
bruna pietra ceduta alla fiamma
rotola libera dalla collina
scende, libera scende
per la stessa strada che l’ha vista salire.

Adagio rassetta i cassetti
la mente,
ripone abiti sparsi,
raccoglie calzini puzzolenti,
rassetta, spolvera.
Pulisce.

Tutte le mura son vinte dal fuoco
in libertà rotolare,
spazio d’essere bruciare
su ali di controra
nella fiamma, brune pietre.

martedì 26 agosto 2008

Patrizia Caffiero vista da Luciano Pagano

Patrizia Caffiero, leccese di origine, vive e lavora in Emilia. Il suo “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te” è uscito di recente da Miraviglia Editore (Reggio Emilia), l’autrice è presente nell’antologia “Quote rosa”, dell’editore Fernandel. Il testo è una via di mezzo tra un resoconto narrato e un diario. Se lo leggiamo come diario la vicenda è individuata tra il settembre del 2003 e il giugno del 2004, ma ciò costituirebbe la riduzione di un lavoro che è molto di più. Le storie raccontate in questo libro si collocano in una zona che potrebbe essere definita di “limbo”. Tanto per cominciare la loro protagonista è una maestra non di ruolo (educatrice non qualificata) che svolge le sue mansioni con bambini negli orari che precedono e che seguono le lezioni, alcuni dei bambini in questione sono bambini difficili. Già questo sarebbe sufficiente per spalancare le porte di riflessioni infinite, dalla condizione degli insegnanti, molto spesso costretti a fronteggiare situazioni al di sopra dei loro mezzi, dei modi e dei tempi che vengono forniti, specie se si pensa che l’età dei bambini con cui hanno a che fare è quella che segue di poco l’infanzia e ogni avvenimento viene in essa amplificato. I media parlano sempre più spesso del mondo dei bambini, purtroppo quando questo mondo è scosso da eventi gravi, solitamente prodotti dal mondo degli adulti. Di recente la fascia d’età dell’infanzia si è ancora più ristretta, sono all’ordine del giorno le notizie riguardanti gang di “bulletti” come vengono spesso definiti dai giornalisti televisivi. Il fatto è che si parla in questi eventi di ragazzi che hanno tra gli 11 e i 13 anni, il che fa molto pensare sulle condizioni dell’ambiente in cui questi ragazzi sono stati costretti a crescere. Le vicende di cui parliamo si sono svolte invece in istituti di istruzione elementare. È ovvio quindi che l’istituzione scolastica viene chiamata ad assumersi un ruolo, oltre che formatore e educatore, anche di salvaguardia della crescita del bambino. Lo sa bene Patrizia Caffiero, costretta a fare i conti e con i ragazzi e con i professori a volte risucchiati essi stessi nella precarietà del loro lavoro alla quale si accompagna una instabile situazione emotiva. Capita che gli insegnanti descritti in questo bel libro a volte dimentichino di stare svolgendo un ruolo importantissimo, dato che hanno a che fare con il futuro del nostro paese, per dare sfogo a ansie e frustrazioni. Allo stesso modo non mancano veri e propri esempi (questi si spera non frutto di finzione) di insegnanti più consapevoli dell’altro bambino che hanno di fronte. La protagonista del libro cerca di fare tutto il possibile per dimostrare che è possibile fare scuola in modo differente e con gli stessi strumenti di partenza, a partire dalle possibilità che la fantasia offre, ancora oggi, per il riscatto dei bambini, anche dopo che questi sono stati letteralmente ‘bollati’ dagli stessi insegnanti. “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te” è un libro che a mio parere dovrebbero leggere tutti, non soltanto chi fa l’insegnante o chi ha dei figli, per un motivo semplice, il mondo dell’istruzione negli ultimi venti anni ha subito un cambiamento radicale, tra riforme del sistema formativo, cambiamenti che hanno anche investito il sistema della formazione dei futuri docenti. Chi crede che alla fine i bambini non siano il termine unico si sbaglia, dato che tutto in realtà è studiato per dare un’istruzione ’superiore’. I bambini guardano il mondo in modo diverso dal nostro, filtrandolo grazie alle informazioni che abbiamo dato loro, e soprattutto con le informazioni che loro stessi hanno reperito se i maestri si sono dimostrati carenti. I bambini hanno il diritto di odiare e chiudersi in se stessi, e ciò diviene dimostrazione della nostra incapacità di comprenderli. Patrizia Caffiero ha uno sguardo attentissimo a cogliere le sfumature di un’età nella quale i bambini si affezionano facilmente e con la stessa facilità possono provare delusioni e sconforti. Questo libro è interessante anche perché cattura la dimensione della scuola come laboratorio delle differenze culturali per bambini che provengono da diversi paese e vivono mondi diversi l’uno dagli altri. Ne suggerisco la lettura perché questo testo ha la capacità di generare interrogativi, e questo già sarebbe un grande merito, a ciò si aggiunga che il libro è scritto con un’ottima cura per descrizioni e dialoghi, come in un documentario in presa diretta, insieme a racconti che ci forniscono il contesto di ciò che accade. Un testo che esula da un cliché cui ci vogliono abituare certe operazioni editoriali dove la scuola viene confusa spesso o solo con una palestra per piccoli umoristi e professori satireschi.

Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te.

Alunni e studenti di scuole bolognesi raccontati da un’educatrice,
Patrizia Caffiero, Miraviglia editore, perunalira, 2007, €18

fonte www.musicaos.wordpress.com diretto da Luciano Pagano

lunedì 25 agosto 2008

La nano-metafisica di Antonella Montagna

La nanometafisica è una voce postmoderna che urla o sussurra metafisica, la modalità non ha importanza. Per metafisica si intende il pensiero/sentire puntato verso quell’altrove/altro, quel nessuno/nonluogo, che percorre tutto il paradigma liberante a partire dalla scuola eleatica in Occidente e, in Oriente, dalla formulazione upanishadica. Se il dettato è sempre uguale (la libertà dalla necessità per chiunque), la sua voce cambia ovviamente con il mutare dei paradigmi. La nanometafisica (conosciuta anche sotto lo slogan ‘metafisica al popolo’) è lietamente debitrice al postmoderno per i suoi doni liberanti: l’emancipazione dalle ideologie fisse e dalle gabbie concettuali, l’apporto svincolante del pensiero debole, l’ampiezza dilatante delle contaminazioni culturali, il relativismo dei linguaggi e il meticciato espressivo, e quel recupero dell’antico a favore della fruizione moderna che in ambito fenomenico si manifesta come vintage. La coscienza del relativismo ideologico è infatti uno dei frutti più succulenti della globalizzazione, non certo fenomeno moderno ma che ha i suoi prodromi nei più antichi scambi di popoli e di culture, purtroppo generalmente finalizzati alla sopraffazione e allo sfruttamento. Il relativismo postmoderno, bestia nera dei dogmatismi, non è imperialista ma curioso dei molteplici approdi alla conoscenza. Offre la libertà di attingere ad acque diverse, di riformulare a piacere, di vivere spudoratamente il proprio sentire e di chiamarlo, come invitano a fare le psicologie transpersonali californiane, la ‘mia verità’. È un relativismo non conflittuale, finalizzato invece a un esito vincitore-vincitore (le due parti) o meglio ancora vincitore-vincitore-vincitore (dove il terzo vincitore è l’ambiente naturale e umano). Un pensiero debole applicato alla verità ci può finalmente salvare dalle guerre per la verità e metterci nell’ottica che la tua verità può avere delle cosette che eccitano la mia verità, la quale può avere delle cosucce che eccitano la tua. Nella consapevolezza, di matrice squisitamente nanometafisica, che il punto finale/iniziale è la libertà dall’invischiamento in qualsivoglia verità, le quali vengono tutte accolte e percepite come stimolante materiale di meticciato culturale e relativismo ideologico. La nanometafisica è il calderone delle streghe in cui vengono mescolati infiniti elementi, non ultimi gli elementi dell’ego, per ricavarne l’acqua di vita, l’elisir dell’eterna giovinezza, il brodo filosofico o comunque vogliate postmodernamente chiamarlo. Non si arroga quindi di avere significato, ma prospera sulla pluralità dei significanti. La molteplicità dei significanti, e delle voci che vi corrispondono, fa della nanometafisica una riproposizione del tema, kantiano e non solo, dell’inconoscibilità del noumeno, inconoscibilità che non ne impedisce la fruibilità, per definizione sfaccettata perché attinente alla cultura e all’individuo, non all’ens profondo a cui culture e individui si abbeverano in quanto fenomeni. Di qui il prefisso nano-, opposto al mega- e all’iper- dei paradigmi/sistemi non aggreganti, ma conglobanti.

sabato 23 agosto 2008

Ma tu ci credi? di Luciana Myriam Mele Osb


Ma tu,
ci credi?

sia questa gioia bambina
che scorazza dovunque
l'unica mia risposta

vera

sia il sorriso
l'unico argomentare
della Sapienza

(da Echi, in Cieli Nuovi Terre Nuove, collana diretta Da Carlo Alberto Augieri e Donato Valli, Milella, 1999)

venerdì 22 agosto 2008

Oltre le gambe c'è di più...












Studentessa e prostituta
Libro choc di un'italiana
Nelle librerie tedesche Fucking Berlin (Ullstein Verlag) il libro di Sonia Rossi studentessa e prostituta part-time

BERLINO — A vedere la foto, sul tabloid BZ, viene in mente Uma Thurman in Pulp Fiction: frangia nera, occhiali scuri da diva. Invece lei si fa chiamare Sonia Rossi, è — dice — nata «in una minuscola isola italiana», ha 25 anni e a Berlino è arrivata per studiare matematica all'università.


Ora, nelle librerie tedesche esce «Fucking Berlin (Ullstein Verlag)» il libro di Sonia Rossi studentessa e prostituta part-time. Papà gestore di un hotel, mamma bibliotecaria, a Berlino Sonia si accorge che «col lavoro da cameriera non sarei mai riuscita a mantenere una certa qualità della vita». Inizia così con gli spogliarelli online, infine il bordello (legali in Germania, alcuni a Berlino «sono specializzati in studentesse», dice Marion Detlefs di Hydra, sindacato delle prostitute). Una «grande famiglia», con le colleghe che a fine turno vanno a prendere i bimbi all'asilo. Sonia non si pente, anche se, all'idea che gli ignari genitori possano leggere il libro, vacilla: «Convincerò il libraio del paese a non venderlo», dice alla Welt.




http://www.corriere.it/cronache/08_agosto_19/studentessa_prostituta_Germania_Sonia_Rossi_9072a0c8-6db5-11dd-8a0c-00144f02aabc.shtml

giovedì 21 agosto 2008

Vanessa Beecroft intervistata da Red Ronnie









fonte YouTube posted by http://artblog.ilcannocchiale.it/

mercoledì 20 agosto 2008

Di negazione in negazione di Giovanna Frene

Di negazione in negazione si esplica
l'essere così come non era supposto
nella sua primaria comprensione
per approssimazioni sempre più prossime
la cosa si percepisce sempre meno oscura
e pura come prima imposto
quando ormai si è già vissuti nell'errore


(da 70 poesie per Don Mazzi acura di Ivano Malcotti e Giovanni Bandi, Luca Pensa Editore)

martedì 19 agosto 2008

Vengo dal Paradiso di Adriana Maria Leaci

Là dove gli spazi sono ampi e si può volare….
Dove la terra è abbondante e di tutto si può piantare……
Dove nasce una bandiera dai colori della natura
E la gente è fiera anche se non sembra aver molta cura!
Impari i ritmi del samba c la sua poesia
Ti piace il caldo di questo emisfero
Ma temi la fame, la miseria e la tirannia
Ancora ricordi del continente nero.
In tutta libertà cresci voli e canti,
anche se non sei del posto, e ti chiamano “straniero”
vivi senza tanti rimpianti
perché ormai sei un “canarino” vero!

domenica 17 agosto 2008

Raccolto su di sè di Marina Pizzi

Raccolto su di sè, nebbioso
corpo vivo di un qualunque vivo
incontro metropolitano d'ultimo stadio,
trànsito accartocciato tra le mani

(da 70 poesie per Don Mazzi, a cura di Ivano Malcotti e Giovanni Bandi, Luca Pensa Editore)











fonte iconografica www.trastevere.org

sabato 16 agosto 2008

Che fine ha fatto Mr. Y di Scarlett Thomas (Newton Compton, 2008)

Chissà perché quando penso a un libro maledetto, subito mi viene in mente il Necronomicon di H.P. Lovecraft, un’opera che lo scrittore di Providence ha consegnato alla storia della letteratura come gigantesco contenitore di abominii che viaggiano nel tempo e lo spazio per dominare mondi e creature. Ed è l’unica associazione che ho fatto, forse l’unica che poteva saltarmi in mente, leggendo lo splendido libro di Scarlett Thomas edito dalla Newton Compton dal titolo Che fine ha fatto Mr. Y. E lo Spazio-Tempo, le sue dinamiche, il viaggio in universi paralleli, e l’incontro con divinità mostruose (nell’accezione latina di monstrum come ciò che appare straordinario) è il filo conduttore delle vicende che sorreggono la vita narrativa della protagonista Ariel Manto. Giovane ricercatrice della British University, che a seguito della scomparsa del suo mentore, e al crollo di una parte della sua università, viene diretta dal Caso (in questo caso specifico il suo anagramma Caos è molto più pertinente) in un negozio di libri usati dove trova il tassello mancante per una sua ricerca su un autore singolare e misterioso come Lumas: ovvero la sua ultima opera dal titolo per l’appunto Che fine ha fatto Mr. Y. Questo scrittore, la cui vita era stata avvolta più da zone d’ombra che da una fulgida e trasparente esistenza, aveva sviluppato una serie di esperimenti sul potere della mente e su come grazie a singolari e potentissime energie mentali eteriche insite in ciascun individuo umano, ovviamente con il supporto di una particolare mistura la cui ricetta veniva indicata all’interno del grimorio maledetto, il viaggio in dimensioni diverse dalla nostra non solo risultava possibile, ma addirittura con la debita pratica si riusciva a entrare nella mente di altri soggetti sia persone che animali modificandone comportamenti e scelte, ma anche spostarsi (attraverso la Pedesis) nel tempo per modificare la Storia, le Storie. Il mondo in cui tutto ciò è possibile nel libro si chiama Troposfera, e il suo Dio-Guida è Apollo Smintheus, mezzo uomo e mezzo topo, divinità pagana venerata da uno sparuto gruppo di seguaci (più o meno sei persone che a lui hanno dedicato un culto in una piccola cittadina di provincia del nord-america) che orienterà le azioni di Ariel Manto salvandola da agenti psichici dell’Intelligence Americana facenti parte di un progetto segretissimo chiamato Starlight per il controllo delle menti (la Cia ma potrebbe essere tranquillamente l’FBI -ndc), desiderosi di impossessarsi della formula forse per creare, chissà, un super-soldato. I punti di forza che rendono affascinante un personaggio come Ariel Manto è il suo appeal da bella tenebrosa, e sessualmente famelica, con un pizzico d’aria bohemien che non disturba affatto. Le peculiarità che rendono completo, avvincente, godibilissimo questo lavoro, è che con assoluta disinvoltura si parli di Deridda, Einstein, e Heidegger, sviluppando per quest’ultimo l’ipotesi dell’esserci (Dasein) come perfetta gestazione causale di effetti nella realtà da parte del linguaggio, ovvero una vera e propria fenomenologia della liberazione umana, da condizionamenti, imposti al di fuori delle proprie coscienze ed esistenze. Chicca delle chicche, la teorizzazione da parte di una scienziata, una delle protagoniste secondarie dell’opera, con considerazioni scientifiche fatte in maniera davvero puntuale e rigorosa ,della fisica post-strutturalista. Non cedete alla tentazione,dopoaverletto questolibrodi pensare a Matrix… è veramente ètutta un’altra storia! E poi …siamo sicuri che Scarlett Thomas abbia scritto quest’opera come frutto di pura invenzione?

recensione di Stefano Donno

Titolo originale: The End of Mr Y.

Traduzione di Milvia Faccia



Uomo (Così denominato) di Viviane Ciampi

Cesellato
d'acqua
di roccia
e di stupidità
che tu sappia
il pensiero
in te
era necessario?

(da 70 poesie per Don Mazzi a cura di Ivano Malcotti e Giovanni Bandi, Luca Pensa editore)

giovedì 14 agosto 2008

Lungo il cielo di Lucia Bigarello

Ho visto rondini
impazzire
lungo il cielo
tra il campanile e i tetti,
l'aria tersa
dall'ultimo temporale...
i miei occhi guardano
altrove,
soffro il volo
altrui
e ascolto la mia prima estate
con diffidenza.
Se il sole mi accecasse
allora sì
vedrei oltre l'oscurità

(da 70 poesie per Don Mazzi a cura di Ivano Malcotti e Giovanni Bandi)

mercoledì 13 agosto 2008

Ella sorrideva ai marinai di Elena Bono

Ella sorrideva ai marinai,
li attirava alla taverna.
Ma poi di nascosto chiedeva
lunghi racconti di mare,
i grandi venti i gabbiani
le nebbie le isole di corallo
la verde luna oceanica
quando si innalza dai ghiacci.
Poche notti era sola.
In quelle notti pensava il mare
i venti i gabbiani
le grandi nebbie e la luna.
E la luna quando è così sola
così nuda tra i ghiacci
e non la ricopre nessuno


( da 70 poesie per Don Mazzi a cura di Ivano Malcotti e Giovanni Bandi, Luca Pensa editore)

martedì 12 agosto 2008

Desiderio d'acqua di Maria Pia Romano

Sono un libro spaginato/
che fa l'amore con le conchiglie/
nell'alba di sabbia umida/

il respiro liquido di carta al sale/
s'intinge tremulo nell'inchiostro blu/
a fermare il sapore delle distanze/

un osso di seppia sorridente/
tiene il segno alle incisioni d' amore/
sul ventre sciolto aperto ai sogni/

lunedì 11 agosto 2008

Ani DiFranco e il suo self evident

fa' conto che qualche anonimo desiderio
si sia rifatto vivo laggiù troppo in fretta
e che sia amore o soltanto questo ballo
solo un sì potrebbe soddisfarlo



Ani DiFranco
self evident (Minimum Fax)
trad. Martina Testa

domenica 10 agosto 2008

Ad alcuni piace la poesia di Wislawa Szymborska

Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.




La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano



Wislawa Szymborska premio nobel 1996 (I miti poesia, Mondadori, 1998)

giovedì 7 agosto 2008

Eva di Irene Leo

Eva

E' Spillato alle labbra, il rosso del sole
acceso, che sporca la luce bianca dell'occhio,
appesa, di donna, alla voce.
Canto di cielo impigliato
nella pietra focaia,
che urtò le anche di
una cattedrale, cieca.
Vestuta a macchie, nel mese
di giugno si tolse le scarpe,
e si sorprese nel carbone
a volare.
--

fonte iconografica di Irene Leo

mercoledì 6 agosto 2008

n.8 di Agata Spinelli

Ho costruito la tua casa
e poi l’ho immersa in acqua.
È il posto più bello
che tu abbia mai visto
e alla porta d’ingresso
c’è scritto il tuo nome.
Pure i pesci l’hanno imparato
e fanno le bolle
quando lo dicono.










fonte www.stefanodonno.blogspot.com

martedì 5 agosto 2008

Chiara Galassi ... Sono venuta a dirti

Fiocco giallo

Srotolo al vento

Carezza di terraferma

Frenesia di scale

Discese ascese

Cerco la sorpresa

Del primo bacio

Da Sono venuta a dirti (Besa editrice)




domenica 3 agosto 2008

Marthia Carrozzo da Utero di Luna

Dondolo

Sono
attraversata dalla luce.
Sono altalena attraversata
attendo.
Attraverso la luce.
Afferro
pensieri di cielo.
Dondolo dondolo dondolo.

Il vento trasforma e spazza via.




da Utero di Luna (Besa editrice)