Eliana Forcignanò
comincia ancora tutta immersa nel ghiotto della lingua. Gioca con la
lingua, la fa schioccare e ruotare e sente come suona. La sua passione
per il linguaggio la spinge a sperimentarsi nel descrivere tutto,
persino i semi amari del mandarino. Le sue parole raccolgono oggetti […]
Forcignanò è al giogo di
un magma che la forza a scrivere, gesto che l’autrice stessa sembra non
approvare se paragona a proprio discapito la propria condizione a
quella degli asceti, che non fanno che benedire e inneggiare. […]
Alla fine notiamo … che Forcignanò
abbandona il mero gusto della lingua per una pronuncia maggiormente
piana e dunque maggiormente esposta, emotiva, fino all’ultimo testo, il
più bello, il più nudo, il più fiducioso di questa piccola collezione.
Auguriamo dunque a questa nuova voce di continuare a crescere in fiducia
e abbandono, perché la confidenza con la lingua, lo abbiamo visto,
nasce già connotata da una gioia evidente.
dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone
Chi è immerso nell’innumerabile
ha sognanti orgogliose pretese:
poter contare i fili alti d’erba
oranti al disgelo mattutino
d’inoltrata primavera;
poter contare i punti sabbiosi
pregni di sale cobalto
quando i piedi affondano
nell’umido mugolante meriggio;
poter contare i grigi nembi
stratificati sul plumbeo pavimento
che regge la finestra;
poter contare assenti pallidi
immaginari fiocchi
caduti a coprire le celle
di un alveare
*
Così io tolgo dal quaderno
il denso sillabare eterno
perché la mia grafia rileggere
non sopporto
quando l’inchiostro è morto.
E non ho che fiato corto
e qualche oggetto io rifletto
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