
Così, con tonaca, zimarra e
"saturno" in testa, inforcai la bicicletta per recarmi dal dentista.
Che bello era pedalare tutto solo per le vie della città. Mi voltavo a destra e
a manca catturando in libertà l'aria impregnata della tarda primavera, le
ignare facce della gente per strada, i variopinti colori dei vestiti, le
facciate delle case e dei palazzi, le insegne dei negozi, le strida delle
rondini... Avevo come l'impressione che tutti si voltassero a guardarmi e
dicessero:"Nah, cce beddhu papiceddhu sta be ppassa! (Toh, che bel piccolo
prete sta passando!)". Pedalavo con disarmante incantamento e, come capita
quando si è innamorati, avevo voglia di abbracciare tutto il mondo, di far
partecipe ogni passante della mia manifesta e sconfinata felicità.
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