L’ironica e spregiudicata
autobiografia di una donna irriducibile. Dalla Firenze degli anni Venti alla
Heidelberg di Jaspers, dalla clandestinità alla guerra antifascista, dall’incontro
con il grande patriota Emilio Lussu ai viaggi alla ricerca di poeti da
tradurre, da Giustizia e Libertà al ’68, dalle lotte femministe a quelle del
popolo curdo e infine a quelle ambientaliste. La storia di una donna che non
voleva essere considerata speciale, ma ha anticipato ogni tempo. La storia di
una donna che con parole semplici, sincere, spesso forti e disarmanti, fa
riflettere su questioni pubbliche e private, sulla guerra, la politica, la
religione, su realtà importanti e profonde come il rapporto uomo-donna e il
rapporto genitori-figli. La storia di «una donna per» ovvero «costruttiva,
generosa, capace di vedere il lato positivo e le possibilità della vita», come
scrive Giulia Ingrao nella sua Prefazione.
Gioconda Salvadori Lussu, nota
come Joyce, nasce a Firenze da genitori marchigiani, entrambi con ascendenze
inglesi. Joyce vivrà all’estero gli anni dell’adolescenza, in collegi e
ambienti cosmopoliti, maturando un’educazione non formale, ispirata agli
interessi della famiglia per la cultura, l’impegno politico e la propensione al
dialogo e ai rapporti sociali, che in seguito confermerà con il suo lavoro di
traduttrice di poeti rivoluzionari del Terzo mondo, testimoni della cultura
orale di diversi popoli. Tra questi in particolare Nazim Hikmet, ma anche
Agostinho Neto e Jalal Talabani.
"(Sono un cantastorie di
strada. Nazim Hikmet) Tra pochi anni arriverà il 2000. Non so perché, questa
data m’appare speciale, importante, addirittura elettrizzante. Quando poi, in
realtà è futile e arbitraria, tanto che basta farsi qualche chilometro più in
là, su questo pianeta, tra gente che conta in un altro modo, per vederla
sparire, ingoiata da cifre diverse, che non cominciano la conta da un fatto
certamente mai avvenuto come la nascita di un messia. E se gli astronomi avessero
sbagliato i loro calcoli? Se invece del 1° gennaio 2000 fosse il 25 marzo del
1998 o il 3 novembre del 2003? Ma non importa, dato che ci siamo messi
d’accordo in parecchi che il 2000 è il 2000; e quando una finzione è comune
diventa palpabile, si tocca con le mani. Voglio mettere il dito sul calendario,
il 1° gennaio 2000, vedere per le strade grandi striscioni a lettere cubitali
con su scritto Viva! Viva!, festeggiare il nuovo millennio come se dovesse
essere un gran bel millennio. Ragazzi, se per caso entro il 31 dicembre 1999 la
mia entropia personale fosse stata definitiva, cosa che non prevedo assolutamente,
prendete un pennarello e un gran calendario pubblicitario e scrivete il mio
nome ben chiaro sul 1° gennaio, come se fosse il mio compleanno. E cantate la
canzone che quell’anno sarà di moda.”
Nessun commento:
Posta un commento