“Amo le poetesse esagerate, che hanno visioni anche se sbagliano versi,
quelle che non cercano scuse e soprattutto quelle che non “fanno” le poetesse,
ma lo sono irrimediabilmente, duramente. […] Irene E. Leo è di questa razza. Me
ne accorsi un paio di anni fa. […] Ora torna con questo “cielo” addosso e
davanti. E si conferma una delle voci migliori del ricco presente della poesia
italiana. Perché spesso in questo libro – composito e lavoratissimo – il cuore
balza leggendo. Libro di certo sentito dall’autrice come il suo più definito,
il suo più radicale e maturo. La dote visionaria di Irene E. Leo è stata in
questi anni affinata, liberata, e direi anche messa alla prova. Poteva deviare
verso il patetico. Verso il troppo consueto orizzonte di tanta scrittura
femminile concentrata sulle mappe del corpo o della rappresentazione amorosa.
Qui invece la sua voce ha l’orizzonte ampio del vivente e una preda precisa: la
gioia. […] Le si perdona l’imperfezione perché essa è parte di una natura
germogliante, capace di misurarsi in una sezione dedicata alla difficile
auscultazione delle “armonie” mentre a quasi tutti i poeti appare più facile e
necessario occuparsi delle disarmonie. Ma appunto, e ancora, una persona che
cerca la gioia sa che nelle armonie – in quelle segrete, in quelle che chiedono
di essere dette per manifestarsi – risiede la sua traccia più chiara. (dalla
prefazione di Davide Rondoni a CIELO di
Irene Ester Leo, La Vita
Felice, 2012)”
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