Durante un’impietosa estate di caldo biblico e
tempeste, la maggior preoccupazione di Gabrielle Fox è quella di ricostruire la
propria carriera di psicologa dopo un terribile incidente d’auto. Ma quando le
viene assegnato il caso di Bethany Krall, un’adolescente psicopatica che ha
ucciso la madre e vive rinchiusa in un manicomio criminale, Gabrielle inizia a
pensare di aver compiuto un tragico errore. E ha ragione: la sua giovane
paziente non è una semplice assassina. Nelle sue allucinazioni c’è qualcosa di
inquietante, di orribilmente reale: Bethany può vedere, molto prima che
accadano, catastrofi che si stanno per abbattere sul pianeta, piccole
apocalissi che andranno a comporsi, nel tempo, in un misterioso disegno finale
dal quale nessun tentativo di fuga, nessun possibile esodo sembrerà poterci salvare. Eppure, quando Gabrielle se
ne rende conto, nessuno le crede. Ci sono profezie troppo spaventose perché le
si possa prendere anche solo in considerazione, e l’unica cosa che le resta da
fare è portare via con sé Bethany, in una disperata corsa contro il tempo...
Liz Jensen è nata in Inghilterra, figlia di un
liutaio danese, ha collaborato a lungo come corrispondente da Hong Kong per un
quotidiano londinese. Rientrata in Inghilterra, ha lavorato per la Bbc e The Independent.
Candidata tre volte all’Orange Prize, oltre a L’ultima profezia, i cui diritti
cinematografici sono stati opzionati dalla Warner Bros, ha al suo attivo sette
romanzi tradotti in venti paesi, tra i quali The Ninth Life of Louis Drax dal
quale Anthony Minghella trarrà presto un film. Risiede tra Copenhagen e Londra,
dove scrive per il Times. Dal 2005 fa parte della Royal Society of Literature.
«Ho sempre pensato che il luogo comune ‘scrivi
solo di quel che ti è noto’ sia profondamente errato. Bisognerebbe scrivere, e
leggere, a proposito di quel che non conosciamo, così da poterlo esplorare. Più
sappiamo del mondo, maggiore è il numero di menti che arriviamo a esplorare,
meglio comprenderemo il luogo nel quale viviamo. Leggere, e scrivere, è
fondamentalmente una questione di empatia.» Liz Jensen
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