Due appuntamenti speciali per
Mino De Santis il 5 e il 6 gennaio 2013 al Teatro Paisiello di Lecce in Via
Giuseppe Palmieri, 72 a
partire dalle 20,30. “Sotta ‘na chianta te chiapparu” è l’occasione per
percorrere le sonorità del suo ultimo lavoro “Caminante” edito da Lupo editore
nella collana Ululati, ma anche per
presentare il suo nuovo singolo dal titolo appunto “Sotta ‘na chianta te
chiapparu”. Ad aprire la serata le riflessioni del magistrato Salvatore Cosentino.
Nelle note invece ecco un concerto di sensazioni ed emozioni con Emanuele Coluccia, Pantaleo Colazzo, Simone
Nazario, Eleonora Pascarelli, Mauro Semeraro, Pasquale Gianfreda. Lo special guest della serata sarà Tonino
Zurlo. L’appuntamento è promosso e
organizzato da Lecce20, Libreria Liberrima, Città di Lecce, Ululati, Lupo
editore, Teatro Paisiello Lecce
Prevendita presso la libreria
Liberrima (10 euro + 2 euro diritto di prevendita) - Corte Dei
Cicala, 1 73100 Lecce, tel. 0832 242626 http://www.liberrima.it/
Prenotazione dei biglietti anche a booking@lupoeditore.it o info@lupoeditore.com
Testimone di usi e tradizioni del
meridione e del Salento, di storie di vita tra il triste ed il comico, senza
perdere mai l’ironia e la musicalità tipica dei cantautori italiani come De
Andrè o Stefano Rosso, è questo Mino De Santis. Il suo nuovo album “Caminante”,
prodotto e messo in commercio dalla neonata etichetta musicale ULULATI della
Lupo Editore, è un insieme di istantanee di personaggi, vizi e virtù di
un’Italia e un Sud alla continua rincorsa di un’identità. Allora si parte, come
sempre, verso il nord, con il treno delle venti, in cerca di fortuna, emigrando
verso la Lombardia
ricca di gran lavoratori ma povera di bellezza. Basta poco a rifarsi la valigia
per ritornare “al paese” anche se nulla cambia pertanto “resta la sopravvivenza
e la non appartenenza” e la voglia di essere “Sempre in viaggio”. Si ritorna,
quindi, tra strade delle processioni, della falsa disperazione dei funerali,
dell’arsura e de “La zoccula”, una escort che difende il suo lavoro e che, come
la più famosa “Bocca di Rosa”, sconvolge la quiete del paesino mettendo alla
berlina i falsi moralismi a favore della sua genuina passionalità. Un dipinto a
mille tinte a suon di valzer, stornelli e fanfare. È senza dubbio un disco
pieno di poesia, dove il dialetto viene facilmente tramutato in rime e versi
senza mai scadere nell’ingenua poesia popolare. E allora pare di sentire un po’
di Gaber, De Andrè, Bressaine, quei cantanti-poeti che hanno influenzato la
formazione musicale di Mino De Santis. La “Caminante” di Mino gira per i
vicoli, per le strade, tra la gente ed è curiosità di scoprire senza più
sentirsi legata a una cultura famigliare che mozza il suo sguardo. È sud: terra
e bellezza.
UFFICIO STAMPA – OVERECO AGENZIA
“Un’artista da seguire … “
(Vincenzo Mollica, DoReCiakGulp! Rai 1)
"Il Salento trova nuove parole, quelle puntute, del graffio
autoriale. Anarchiche quanto basta per tener desto l'animo e l'occhio allo
sguardo: quello dritto, che mai s'inchina e fa riverenza. Mino De Santis è
così, ama il ridere, il soffio e lo spiffero. (Mauro Marino)
Mino De Santis è un ascolto che il tempo e la pratica portano a
metabolizzare. Non è la risata di turno ciò che arriva e resta. Ma un ondulato
senso di profondità che scolpisce immagini nella memoria e libera l'ascolto
dalla superficialità attorno (Erika Sorrenti e Francesco Aprile)
Mino ha scritto una pagina di canzone popolare vera, del popolo del
Salento che si libera dalla pur splendida prigionia del tamburello,
dell'organetto e del violino e approda ad un linguaggio nuovo, fatto di
dialetto e di italiano colto al volo, masticato, rimasticato e sputato fuori in
una nuova forma di colostro, vero alimento con il quale crescere i piccoli.
Musica accattivante, di uno che sa suonare la chitarra, la lascia nei suoi
accordi semplici, quasi ondeggianti come un materassino gonfiabile sulla
bonaccia (Pino De Luca)
Autoironico e impietoso … lo definirei un "verista" per come
descrive la realtà sociale e soprattutto quella di tanta umanità. Ha il suo
modo singolare di vedere la realtà e di declinarla in versi. E' un sognatore
ingenuo e intellettualmente onesto. Insofferente a qualsiasi regola, non
scenderebbe mai a compromessi, ha l'anima libera e resta anarchico anche quando
non sarebbe il caso. Ha una singolare genialità, un'autentica vena artistica
che differisce da qualsiasi accomodante musicalità "popolare" oggi
cosi volgarmente e insopportabilmente stereotipata (Giuseppe De Santis)
*Tonino Zurlo è nato a Ostuni nel gennaio del 1946. Si è sempre
occupato di restauro e di antiquariato. A 25 anni inizia a suonare la chitarra,
improvvisando i brani musicali secondo la sua filosofia: ‘non è importante il
ritmo del metronomo, ma quello del cuore’. Tonino inventa canzoni per ‘un mondo
diverso’. Qualche anno dopo, inizia a frequentare il Folk Studio di Roma e,
nonostante il successo, sembra proprio non interessargli quello con la esse
maiuscola. E’ stato ‘scoperto’ solo qualche anno fa e del tutto casualmente, da
Giovanna Marini, con cui ha collaborato in diverse occasioni. Ha suonato nelle
università di Urbino, Parma, Milano, Napoli, Padova, Bari e in altre ancora.
Nel 2003 realizza il suo primo CD ‘Jata viende’, per lasciare una traccia nella
memoria. E’ in lavorazione il suo secondo album .Dicono di lui Giovanna Marini
e Moni Ovadia: sento il disco e mi rimangono in mente le parole: ... quando
t'innamori tu senti nel cuore... noi veniamo spennati da vivi... chi ha la
gobba ha qualcosa assai profonda... il mare è agitato e mi fa paura la morte...
l'anima leggera non vuole più parlare... non vuole più fare i conti... se l'amore
è forte il vecchio se ne va in malora... Madonna com'è questo Meridione!... e
qui uno si ferma e riflette. Com'è questo Meridione? Ma nel disco non si parla
di questo, si canta questo. E, come voce che va dal basso all'alto e viceversa,
anche stridula a volte, in una continua preghiera "fatemi vivere
ancora!", è il grido della gente del Sud, dove si può solo mettere tutto
in termini di vita o di morte, perché è così, è essenziale, non c'è altro che
conti. E questo colpisce tanto. Colpisce chi vive in mezzo a mille pensieri
diversi, preso da mille giri a spirale che poi, se si va a guardare, non
portano a niente. Mai ho sentito così forte come in questo magnifico grido
armonizzato, accompagnato, suonato, ripulito, infilato in un CD, il senso della
necessità - "canto sennò me moro" (si dice a Roma). Ho conosciuto
Tonino tanti anni fa, forse più di trenta, e mi ha dato questa sensazione di
necessarietà. Se vogliamo analizzare sul piano musicale le sue canzoni, sono
note che incollano magnificamente sulle sillabe e insieme creano cellule sonore
reiterate, che messe tutte in fila danno emozione. Si entra in un vortice di
emozioni varie e se ne esce solo quando il disco è finito. Ma non Tonino, il
suo bisogno di cantare va oltre un semplice CD. Ha bisogno della gente, ha
bisogno di dirlo agli altri, di dipanare questo groviglio di sillabe e note che
improvvisamente si distende in poesia. Grazie Tonino, e grazie ai musicisti che
ti hanno accompagnato dandoci l'idea di quello che vuoi dire nel profondo,
dandoci il senso che loro per primi ti hanno capito. Giovanna Marini.
La prima volta che ho ascoltato
Tonino è stato più di un quarto di secolo fa. La sua voce e la sua chitarra
uscivano da una cassetta registrata autarchicamente con mezzi rudimentali di
allora e ciò che ha invaso le mie orecchie e la mia anima è stata un'intera
identità della quale sono ospite in quanto straniero e alla quale appartengo in
quanto italiano. Tonino nella sua scarna e sgangherata genialità riassume
iperbolicamente l'energia del popolo del Sud. Dopo che l'hai ascoltato per una
volta non te lo dimentichi più. Poi Tonino l'ho incontrato. Era come le sue
canzoni, la compenetrazione fra il suo modo di essere, di parlare, di vivere,
di cantare accompagnandosi con chitarra sono un unicum urgente e inscindibile.
Sono trascorsi venticinque anni di alluvione della melma consumista, di degrado
televisivo di ogni tessuto culturale, di riduzione dei valori tradizionali e
popolari a strapaese da quiz e talk show dello scannatoio mediatico. Tonino non
è entrato in nessuna moda, in nessun salotto, in nessuna maniera appetibile per
il mercato neppure quello chic della sinistra, neppure in quella radicale. In
questo lasso di tempo ho bestemmiato la mia rabbia perché un così grande e
necessario talento non ha ricevuto l'ascolto e la dignità che gli spettava,
invano. Bisogna rientrarci in qualche maniera, essere furbi, sapersi vendere,
per "esistere" e questo vale anche per i migliori di noi. Tonino ha
l'urgenza di una verità bassa e si sa questo tipo di verità non si vende. Ma
Tonino viene dalle profondità del tempo e della terra, l'anima effimera
dell'attualità non lo scalfisce, la sua arte proletaria e cafona non conosce il
crepuscolo. Si è rifatto vivo dopo tutto questo tempo incidendo "Jata
viende," un disco delle sue canzoni che nessuna moda può offuscare e
nessuna ragionevolezza può soggiogare, come se nulla fosse accaduto, non per
inconsapevolezza, ma per fedeltà a qualcosa che non puoi perdere senza perdere
te stesso. Canta ora come allora, parla ora come allora. Tocca a noi, una volta
tanto farci furbi e non perdere Tonino per nessuna ragione, tenerci a portata
di mano la voce e i suoni di qualcuno che racconta di esseri umani e non di
consumatori per ricordarci da dove veniamo per sapere dove vogliamo andare. A
me tocca con queste parole pagare un debito che ho contratto venticinque anni
fa e che contrarrò ogni volta che Tonino mi manderà i suoi canti. E' il debito
che hai con chi ti insegna a capire il cammino dell'uomo. Moni Ovadia. (http://www.ostuni.tv/Artisti/Ostuni_Artisti_ToninoZurlo.htm)
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