“E poi c’era la gente. Sono
cresciuto sentendo raccontare aneddoti inverosimili, che erano impossibili da
credere ma ai quali era un piacere prestare fiducia, non fosse altro per rispetto
all’impegno e alla buona fede di chi li riportava. Il vero talento di un
contaballe è quello di essere il primo a credere alle sue stesse fantasie:
quelle erano innocue, non belligeranti, senza un secondo fine se non quello di
passare qualche istante al centro dell’attenzione, l’unico lusso che in quei
momenti era concesso concedersi. Ogni persona che ricordo era una voce, una
storia, un soprannome, un abbigliamento, una piccola o grande sopportata
povertà, una piccola o grande felice follia. Ognuno rappresenta oggi nel mio
vissuto un esempio di ammirevole fatica per uscire dalla prima senza
dimenticare la seconda. Nel campo sterminato del possibile, ognuno è una frase,
ognuno è una canzone, ognuno è un romanzo. «Il libro di Faletti è una canzone
d’amore alla vita, la sua e quella degli altri». (Antonio D’Orrico)
Tutto comincia ad Asti, al numero
33 di corso Torino: è lì che nasce, «bambino fatto in casa», Giorgio Faletti.
Sono passati 62 anni, che lui ha impiegato facendo il comico, il musicista,
l’attore, il pittore, e naturalmente lo scrittore. Scorrendo l’elenco delle sue
imprese (e parliamo solo di quelle professionali) sembra che Giorgio Faletti
abbia vissuto mille vite. Di sicuro, scopriamo leggendo il suo nuovo libro, ne
ha vissute due: Quando e Ora sono le prime due sezioni che compongono questa
autobiografia fatta di musica e parole. A fare da spartiacque una frase secca
che mette i brividi: «Poi, senza preavviso, sono morto». Dell’ictus che lo ha
colpito nel 2002 Faletti non ha mai raccontato molto. Lo fa adesso, a dieci
anni di distanza, «perché consegnare a una pagina quella confidenza
significherà liberarsene una volta per tutte, sarà come appendere una carta
moschicida che invece di imprigionare gli insetti blocca i brutti ricordi».
Dopo quella frase nel libro la scrittura cambia, dalla prima persona si passa
alla terza e Faletti gioca a raccontarsi come fosse un personaggio dei suoi
romanzi. Quello che non cambia è lo sguardo che tiene insieme passato e
presente, e che sceglie di raccontare, senza imbarazzo né autocompiacimento, il
rovescio della medaglia. Le difficoltà, le sfide perse, i fallimenti che si
nascondono dietro una vita di successi. E che, paradossalmente, di questi
successi sono il nutrimento: «La felicità la vivo, - ha detto Faletti a Silvia
Nucini in un’intervista per Vanity Fair. – Sono le malinconie, l’amaro in bocca
che mi ispira». E nelle pagine di Da quando a ora l’autore ci racconta com’è
che funziona l’ispirazione, mettendo in parole quei momenti intimi, quegli
attimi di vita da cui, nel tempo, sono nate le sue canzoni. Le stesse raccolte
nei due Cd, incisi per l’occasione, in cui Faletti interpreta i suoi maggiori
successi (Quando) e dodici pezzi inediti (Ora). Così, ad esempio, leggiamo la
storia di una fotografia e di un amore finito, e scopriamo che da quella storia
è nata una canzone, Nudi, e possiamo ascoltarla, quella canzone, magari
leggendo il testo pubblicato nell’ultima sezione del libro…
«Quando si arriva alla fine di un
progetto come questo, - scrive l’autore nei Ringraziamenti in coda al libro, -
è arduo stabilire se è stata raccontata a parole della musica o se sono stati
musicati momenti di vita». In un caso o nell’altro, Da quando a ora è di sicuro
un viaggio nel tempo che fa sorridere e commuove.
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