Esce in libreria un saggio assai
dettagliato della scrittrice del Mugello Simona Baldanzi (autrice già
pluripremiata grazie al suo romanzo d'esordio) dal titolo “Mugello sottosopra. Tute arancioni nei
cantieri delle grandi opere” (Ediesse) . Dopo il razzismo e la xenofobia che fa
invisibili i migranti e li fa luccicare quando devono essere il “problema
sicurezza” o il “pericolo”, terminologia buona per tutti e specie per i partiti
da Pd a Pdl, gli operai invisibili,
meridionali, le tute arancioni, mai prese in considerazione, grazie alle quali
è stata fatta, per dire, la dannosa Alta Velocità tosco-emiliana. Prima sui
cantieri e nei campi base dell'Alta Velocità e andando avanti o sotto in quelli
della Variante Valico. Un saggio-inchiesta che ovviamente ricorda molto il
viaggio di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola nella condizione dei minatori
della Maremma d'ormai decenni fa. Come una storia che, seppur diversamente, si
ripete. Il libro di Baldanzi prende le mosse dalla tesi di laurea dell'autrice
toscana. Un libro che ricorda in che maniera, innanzitutto, la Tav ha danneggiato l'acqua
dell'area mugellese e quanti morti di lavoro questa modernità produce. Leggendo
i volti dai campi base di Scarperia, Firenzuola, San Pellegrino e Carlone.
Ascoltando i minatori, tutti del Sud, che sono le talpe buone al sogno della
società moderna e involuta. Ottocento uomini, che vivono come in caserma ma non
devono affratellarsi, grazie ai metodi imposti dalla Fiat e Impregilo e dalla
altre entità che si garantiscono gli interessi veri, e che non dovrebbero
immergersi nelle comunità locali. E non solo perché “nomadi”, ma perché Fiat
ecc. dice d'aver messo tutto l'occorrente nelle lamiere dei campi. Dal
televisore al letto da ospedale di fortuna. E in questa fondamentale opera
letteraria come civile di Simona Baldanzi leggiamo la differenza fra i
calabresi di Petilia Policastro e i lucani di Lauria. I minatori di Petilia
Policastro provano a rivendicare diritti e cercare la gente dei luoghi toscani
che devono temporaneamente vivere, ai loro paesi (vedi a Pagliarelle) fanno “la
festa del minatore”, sono incazzati per le loro condizioni. I laurioti, invece,
comunicano solo tra di loro. Vorrebbero il prepensionamento per risolvere il
problema disoccupazione diffusa. Non sono sindacalizzati. Forse sono persino
vittime consapevoli di 'capolarato' e sicuramente sono scelti per conoscenze e
raccomandazioni varie. Non vogliono “integrarsi” con gli abitanti del Mugello.
Le tute arancioni, comunque, che arrivano dalla Basilicata, che sbarcano dalla
Calabria e che approdano dalla Sicilia sono il proletariato messo tra parentesi
dalle pubblicità. Di settore e non. Gli esclusi. Gli ultimi al pari dei
migranti che navigano da altre terre. E muoiono schiacciati mentre faticano.
Come Pietro Mirabelli. E pochi si ricorderanno di loro. Persino nonostante le
interviste e gli utilissimi questionari dell'appassionata Simona Baldanzi.
Quando l'arte diventa un mezzo per raccontarsi e per mostrarsi autentici, anche nel farsi cogliere da un lieve rossore, dato da un piccolo moto dell'animo o dal palpitare del cuore per un amore ricambiato. Quando con l'arte si cerca di attirare l'attenzione verso tutto ciò che sembra anonimo e che ci sfugge. Quando l'arte è denuncia delle condizioni della donna, e non solo. Quando l'arte è poesia e colore.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento