Questa scrittura sembra contrarsi
sapendo che l’azione è figlia della potenza, in modo che ognuna delle due,
lasci intravvedere l’altra, con la quale intrattenere una dialettica di
energia. […] nella scrittura di Rita Filomeni, non abbia molto senso cercare il
levigato del nobilissimo e vincente percorso che va da Petrarca a Leopardi, ma
sia meglio parcheggiare l’attenzione del lettore dalle parti dello scorbutico
poeta cacciato da Firenze. Inoltre, nel privilegiare la struttura portante del
significato, […] questi versi occhieggiano a quella catastrofica fortuna di un
punto sensibile, un nervo scoperto, che è quello dell’assoluto, come unità di
misura nel cogliere il variegato senso della vita. (dalla prefazione di Guido
Oldani)
“Vogliono piuttosto essere,
questi versi, lavoro di ago e filo, ricostruzione uncinata di una archeologia
del presente. Sterpéto fin già troppo arido e in frantumi, il reale, martoriato
e tradito per il voluttuoso virtuale, ne costituisce l’orizzonte verticale ed
il limite. Inseparabili dai fatti di una vita e di un’epoca perversa, segnate
dalla non misura con cui si è imparato a guardare e misurare le cose, queste
poesie - leggibili in una punteggiatura visibile ed invisibile - rappresentano
il prezzo pagato e deciso a pagare per un dovere: la libertà. (L’autrice)
dalla sezione DISGIUNTURE – “cosa
nostra// per la sovraintendenza del paese// qual dente del giudizio, si fa
largo,// incuccia sanguisuga e trama ragne// maligni a bisbigliar anch’al
senato// sì contro lì non sai chi hai accanto se valigia a doppio fondo è lo
stato// che su gl’onesti com’aiuol calpesta// e vuol uno ci finisca, e sette
n’esca// dentro, mai, a vita hanno lo sconto// di pena, non li ammali
depressione:// cosa nostra altrimenti è guarigione
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