mercoledì 17 febbraio 2010

Anna Maria Massari, Colomba in volo di Maurizio Nocera

Anna Maria Massari silenziosamente entrava nella casa di Ada Donno, nel Quartiere Leuca, ancora prima delle 8, l’ora della campanella per il suo ingresso nella Scuola Media “Salomi”, quando questa era ancora ubicata nell’ex Onmi (Opera Nazionale Maternità e Infanzia) di viale Marche. Ada, all’epoca, era ancora libera da impegni professionali, per cui aspettava Anna Maria sulla porta di casa; conosceva esattamente il tempo del suo arrivo. Poi, assieme facevano colazione. A quel tempo, io ero impegnato ad insegnare in scuole lontane dal capoluogo salentino, in provincia, per questo al mattino mi dovevo alzare presto e partire quanto prima possibile, per cui stavo seduto appena un po’ al tavolo del tinello per fare una veloce colazione e godermi come desideravo la conversazione con loro due. In quei pochi momenti però riuscivo ugualmente a scambiare qualche opinione con Anna Maria. Lei aveva un modo tutto suo di dire le cose, tanto che, dopo averla detto, ogni cosa assumeva la dimensione giusta. Magari, durante il giorno precedente erano accadute cose incredibili, poi arrivava lei, diceva appena qualche frase e tutto ritornava ad essere chiaro. Per questo suo modo di dire e per molto altro ancora debbo veramente molto ad Anna Maria. Lei era una che pesava le parole ed era dotata di un dono straordinario: conoscere la materialità dell’alfabeto, quindi delle singole lettere e del loro peso specifico. Per questo i suoi giudizi sull’arte, sulla politica, sul modo di essere e di fare degli uomini e delle donne erano per me assoluti indicatori di orientamento. Non straripava mai. Io e Antonio Leonardo Verri, dopo averla ascoltata in silenzio, alla fine concordavamo su molto. Fu lei ad indicarci la strada per raggiungere il cuore di Edoardo De Candia, che lei conosceva bene, essendo stata l’unica donna che veramente amò quell’animale celeste. Fu lei che di fatto ci introdusse nel circuito degli artisti di Lecce, che ci allargò il respiro della visione di un mondo colorato. Era il 1984 quando le chiesi di darmi una mano per organizzare la Mostra dei pittori salentini per la Pace e la Vita contro la guerra nucleare. Fu quella una delle più belle manifestazioni artistiche collettive, dove riuscimmo a coinvolgere 64 artisti salentini. Eccone l’elenco: Donato Paolo Baldassarre, Vittorio Balsebre, Emilio Bracciale, Antonio Bramato, Roberto Buttazzo, Mario Cala, Antonella Casciaro, Renato Centone, Carmine Chirizzi, Franco Contini, Lucio Conversano, Antonio Corchia, Ruggero D’Autilia, Edoardo De Candia, Giovanni Dell’Anna, Sergio Del Prete, Cesare De Salve, Dino De Simone, Vittorio Dimastrogiovanni, Luisa Elia, Gabriella Epifani, Salvatore Fanciano, Pietro Fanigliulo, Enzo Fasano, Oreste Ferriero, Tina Foscarini Bianco, Rosa Maria Francavilla Maritati, Tonio Gallo, Pietro Giammarruco, Josè Greco, Sandro Greco, Rita Guido, Flavia Leo, Pietro Liaci, Salvatore Lipari, Corrado Lorenzo, Ernestina Lo Rizzo, Patrizia Lucia, Lionello Mandorino, Mimmo Marullo, Antonio Massari, Roberto Migliaccio, Silvio Nocera, Pina Nuzzo, Armando Papes, Carlo Politi, Romilda Prastaro Lanzillotto, Tino Rho, Nino Rollo, Marisa Romano, Giovanni Sances, Paola Scialpi, Gianni Scupola, Enzo e Carlo Sozzo, Francesco Spada, Raffaele Spada, Orlando Sparaventi, Pina Sparro, Gigi Striani, Natalino Tondo, Franco Ventura, Alberto Zacheo.Senza Anna Maria Massari, nonostante i tanti amici artisti, sarebbe stato impossibile per me e per Verri realizzare quell’iniziativa, che si tenne dal 29 aprile al 6 maggio 1984 a Lecce. Per l’occasione, fu lei che ci rese possibili i contatti con gli artisti. Quando, alla fine della raccolta delle opere dei 64 artisti, assieme ci stavamo recando alla sala della Biblioteca provinciale per l’allestimento, mi accorsi che proprio lei non si era inserita nell’elenco. Eravamo ancora in auto, quando con tono allarmato le domandai: “Ma Anna Maria, in questo elenco tu non ci sei! Perché?”. Dopo una breve pausa, ecco la sua riposta: “Va bene, adesso che arriviamo in biblioteca farò anch’io qualcosa”. E la “cosa” che lei disegnò in soli due minuti, fu la più bella di tutta la mostra, tanto da divenire il simbolo dell’intera iniziativa. Per la domanda di adesione degli artisti avevamo composto un comunicato con sovrimpressa l’immagine diel disegno di una colomba inedita di Rafael Alberti, il noto poeta artista spagnolo. L’avevo incontrato l’anno prima (1983) a Praga, capitale dell’allora Cecoslovacchia democratica e popolare di Gustav Husak, nell’occasione della Grande Assemblea Mondiale per la Pace e la Vita. La delegazione italiana, di cui facevo parte, mi aveva indicato come membro della Commissione cultura di quella straordinaria assemblea, presieduta anche da Gabriel Garcia Marquez. Capitò a me di sedere accanto a Rafael Alberti, col quale scambiai qualche parola. Rafael ascoltava gli interventi prendendo appunti su un block notes, appunti che di tanto in tanto intervallava con disegnini di colombe per la pace. Fu questo uno dei doni più belli che riportai da Praga a Lecce e che poi divenne l’immagine con la quale chiedemmo l’adesione alla Mostra leccese degli artisti salentini. In due minuti Anna Maria Massari realizzò un disegno che racchiude tutta la simbologia dell’evento: un lungo “continuum ” in blu e rosa che attraverso volute e giravolte alla fine assume la forma di una colomba in volo. Si tratta di un’interpretazione straordinaria e di assoluta bellezza del simbolo, talmente significativo che, a fine manifestazione, divenne il simbolo della Mostra per la Pace e la Vita di Lecce. Il disegno, per decisione del Movimento italiano “Pace e Costituzione”, composto dai padri costituenti e dai costituzionalisti Luigi Arata, Ettore Biocca, Guido Calvi, Michele Coiro, Mario Coluzzi, Manlio Giacanelli, Giobatta Gianquinto, Lucio Luzzatto, Geo Rita, Manlio Dinucci, fu stampato su ogni nostra iniziativa e comunicato successivi.Nella compilazione della risoluzione di quell’iniziativa venne pienamente coinvolta anche Anna Maria Massari, per cui, in quel testo c’è anche il suo pensiero. Questa la parte significativa: «È stato detto che le guerre non nascono solo nelle fabbriche di armi, ma anche nelle menti delle persone. / Profondamente convinti di questa verità, noi artisti ed intellettuali salentini, partecipanti alla mostra allestita nella Sala delle conferenze della Biblioteca provinciale “N. Bernardini” di Lecce, abbiamo voluto riaffermare la rilevanza ed il ruolo fondamentale della cultura e dell’arte nell’educazione e mobilitare la gente alla lotta per la pace e la vita, contro la guerra nucleare. / Con la nostra presenza, in questo momento cruciale per la storia della civiltà umana a causa dei pericoli incombenti di una guerra nucleare mondiale, abbiamo voluto testimoniare la nostra convinzione che difendere, consolidare e salvaguardare la pace è oggi il dovere di ogni uomo e ogni donna. Tutti noi che lavoriamo nel campo dell’arte e della cultura possiamo, attraverso la nostra professione e le nostre opere, contribuire ad aprire gli occhi a tutti, al di là delle diverse opinioni filosofiche, politiche e fedi religiose, per una coscienza civile tale che, quei governanti che perseguono progetti di guerra nucleare siano posti sul banco degli imputati davanti al tribunale morale del mondo. / Appellandoci ai valori universali della cultura e dell’arte, ci impegniamo a compiere azioni ancora più energiche a favore della pace e del disarmo mondiale. / Esigiamo dai nostri governanti che prendano misure concrete per la cessazione della corsa agli armamenti. / Esigiamo la riduzione delle spese militari, affinché le risorse della Terra siano impiegate a risolvere i problemi sociali, a combattere la miseria, le malattie, l’analfabetismo e tutti gli altri mali che affliggono l’umanità. / Esigiamo lo smantellamento delle basi straniere che sono sul territorio europeo, la creazione di zone denuclearizzate e di pace, nei punti caldi del globo, lo scioglimento dei blocchi e delle alleanze militari contrapposti. / Siamo pronti a cooperare e ad agire di concerto con tutte le forze della pace, in nome dei più nobili ideali di fratellanza, di libertà, di giustizia sociale, affinché il cielo resti puro sopra il nostro pianeta». Fu così che questo appello sovrimpresso dalla colomba di Anna Maria Massari raggiunse Xavier Perez de Quellar, allora Segretario Generale delle Nazioni Unite a New York; raggiunse l’indiano Romer Chandra, Presidente del Consiglio Mondiale della Pace; raggiunse lo scienziato medico italiano Ettore Biocca, allora vice Presidente della Ippnw (Associazione Mondiale dei Medici per la Pace), in quegli stessi anni premiata a Stoccolma col Nobel per la Pace. A me e a Verri accadeva di incontrare Anna Maria o presso la mia casa o presso la sua, a Lecce, in via Sozy Carafa. Lei ci aspettava di pomeriggio sul tardi; ci sedevamo ad un tavolo quasi sempre ricolmo di disegni, cellophane, pastelli, ecc. Quindi ci metteva al corrente delle cose dell’arte e di chi dovevamo inseguire per dare sfogo ai nostri curiosi interessi. Anna Maria è stata per noi una miniera inesauribile di conoscenze e di dati difficili da reperire.

Parlando del Gruppo Terra d’Otranto, costituito nel 1979 dalle artiste salentine Rita Guido, Rosa Maria Francavilla Maritati, Anna Maria Massari, Marisa Romano e Pina Sparro, il fratello traccia un suo breve profilo d’artista. Questo: «Anna Maria Massari […] (riconosciuta per coraggiosa, rara ammissione dello stesso gruppo) […] è l’artista. / Quando era piccola impressionava i “grandi” che frequentavano la mia casa per le doti eccezionali. Io ricordo le mani dell’angelo violinista di Melozzo, ricordo i pulcini e i rami di pesco ad acquerello, Cucciolo, il cerbiatto e il modellati in argilla e colorati dopo la cottura, ma non basta: Anna Maria, al venti per cento ha lavorato ai pastori gotico-rinascimentali in terra cotta dipinta di Michele Massari, magici perché di notte “parlavano”; […] Ha anche completato un Filippo Lippi a lunetta gotica che la morte di papà aveva interrotto. Ha dipinto, di sana pianta, i paesaggi secenteschi di scuola napoletana per il mitico avvocato Guacci e… mai che si potesse distinguere la sua mano da quella del padre. […] Oggi, dopo un intervallo di 30 anni […] Anna Maria, miracolosamente, ha ripreso il lavoro. Incide i personaggi notevoli di ogni città di provincia: il patriota fanatico, il poeta sofistico, il venditore di immaginette sacre, […Il suo] disegno più bello, tuttavia, resta la bambina, sul muro di campagna, in equilibrio come la vita, con un cagnolino legato a un filo di coda di cavallo che vola come un fiore o un ombrellino cinese: il cagnolino è una farfalla: la figura è vista dall’alto, ti viene incontro; il muretto si rastrema in prospettiva come una stradina su due abissi: in caso di caduta una farfalla può salvarci, accompagnandoci dolcemente al suolo fra le rape e le cicorie… e credo che oggi le quattro piante disperate dal vento e dal gelo della Contrada l’abbiano veramente salvata!». E poco oltre, Antonio Massari scrive ancora che Anna Maria «parla con i serpenti, “li castarieddri ” (gufi), le “ranocchiule ” (rospi), e i “cola ” (corvi) […]. Da quando ha sfamato e liberato da ferri e catene “Bolla di sapone” […] tutti i cani della contrada si danno convegno sempre più numerosi al rancio. Uno: “il vecchio Geremia” sciancato dai reumatismi porta la pelle ruggine, caffé e pecora come una logora, larga pelliccia» (cfr. A. Massari, “Io sono straniero sulla Terra ”, Milano, Edizioni D’Ars 1999, pp. 130-132).Quanto scrive Antonio Massari è assolutamente vero, perché effettivamente l’artista aveva un rapporto stranissimo con gli animali. Chi non ricorda con quanto amore curasse i randagi che le capitavano sotto i piedi sia in città che in Contrada Dottoressa Rapesta? E forse ci sarà stato anche un buon motivo se suo marito, Nando Porpora, al tempo del loro fidanzamento, la chiamasse “leprotto” o “leprottina”. Ciò che è certo, e questo io lo ricordo benessimo, Anna Maria riusciva ad essere avvicinata, senza crearsi né creare ad altri mai alcun disagio, da qualsiasi animale come gechi, lucertole, rane, ragni, serpenti, pecore, capre e via scrivendo. Ad un certo punto, nello scritto (1983) del fratello c’è la frase: «Oggi, dopo un intervallo di 30 anni […] Anna Maria, miracolosamente, ha ripreso il lavoro». Se andiamo a ritroso nel tempo, vediamo che partendo dal 1983, dopo 30 anni, incontriamo appunto il 1954, anno in cui il padre Michele Massari, lo straordinario ed eccelso pittore post-impressionista morì, a soli 52 anni, a causa di un banale incidente d’auto. Lo sgomento dei due giovani figli fu annientante: Anna Maria, che aveva solo 25 anni, non disegnò e non dipinse più; si chiuse nel suo più intimo segreto; Antonio, che aveva 22 anni, invece, appena qualche anno dopo, era il 1957, andò via da Lecce, potremmo dire in modo quasi definitivo. Ed è ancora lui che ci ricorda l’arte e le vicende artistiche della sorella. Ed ancora, in “Io sono straniero sulla Terra ” scrive: «Ben presto Anna Maria rivela un talento pari al talento di Michele Massari, un talento ereditato. […] Papà a tal punto si fidava di lei da farsi dare una mano nella pittura, nella scultura, nel disegno […] A cinquant’anni forse, Anna Maria ha ripreso a lavorare, giocata, questa volta dall’arte contemporanea con le opere che assorbono la luce: stratificazioni di fogli di cellophane o acetato fino a suscitare la molle, dolce, antica luce della perla e con vaporosi pezzi di lenzuola delle Ferrovia dello Stato» (cfr. Op. cit. , pp. 452-453). Prima della sua chiusura artistica per alcuni decenni, l’ultimo suo intervento pubblico fu la partecipazione alla Prima Biennale dell’Incisione Contemporanea in Italia, promossa dall’Associazione “Incisori d’Italia” (Torino – Milano – Roma) e organizzata dall’Ente Provinciale per il Turismo di Taranto e dalla Galleria d’Arte “Taras”, che si tenne a Taranto dal 15 ottobre al 10 novembre 1963, alla quale fu presente con un’acquaforte dal titolo “Umanità ”, realizzata però qualche anno prima. Anna Maria Massari ritornò all’impegno artistico grazie alla nascita del Gruppo di Terra d’Otranto e soprattutto grazie alle sollecitazioni di una sua amica del cuore: Rita Guido, che mai l’ha dimenticata, tanto che, ancora oggi, ne tiene vivo il ricordo raffigurandola nelle sue luminose tele sotto il segno de “Le trecce di Anna Maria ”, dipinti ad olio di una materialità tangibile e sofferente che fa sì che il suo messaggio vada oltre il confine di una specifica territorialità. Ancora più di recente, Rita ha ricordato l’amica con una plaquette dal titolo “Omaggio ad Anna Maria Massari ” (Lecce 1998), introdotta da un affettuoso pensiero del figlio Francsco Porpora che, commosso, scrive: «Mamma chi stai aspettando? – La Rita! Alle quattro e mezza avevamo appuntamento… casomai non ho sentito il clacson…. / Se era primavera l’aspettava sul balcone, e certe volte io andavo a farle compagnia. […] Ho ancora una grande cornice ovale di cartapesta che forse la mamma voleva riempire con tutti i colori della contrada, l’Universo. / Certe volte, spinte dalla necessità di uscire dal tempo degli altri, s’incamminavano [Anna Maria e la Rita] piano, a braccetto, lentissime per le vie del centro storico, osservando ogni cosa, masticando “passatiempii ” e parlando fitto fitto a testa bassa, come per un dialogo segreto fra “strie ” inebriate di poeticissimo amore». Tenere, gentili, dolci e affettuose sono le dieci liriche che Rita Guido dedica all’amica. Ne riporto solo tre che, secondo me, danno il senso pieno della struggenza del loro rapporto amichevole: «Treccia bellissima/ che per decenni ha affascinato il mio sguardo/ oggi diventata “àncora,/ fune di mare, treccia del ricordo”./ Vorrei cantare/ con le note più adatte/ allo splendore di quel ricordo./ Vorrei cantare/ e saper comporre la tua eterna giovinezza». E poco oltre: «Ho raccolto dal tuo angolo di studio/ piccole porzioni di cose,/ piccoli resti/ che servivano ogni giorno per il tuo lavoro./ Ho chiesto il permesso ad Antonio tuo fratello./ poi ho pensato a tutti i colori dell’Universo/ che tu volevi poggiare in una enorme cornice/ dorata/ realizzata in cartapesta da te Anna Maria/ tanti colori/ tanti tanti dovevano riempire/ il vuoto della cornice di cartapesta./ Solito appuntamento». E l’ultima, la più struggente: «È stato l’appuntamento più bello/ della nostra vita/ Eravamo insieme/ io e te/ sui gradini di una chiesa bellissima/ Si osservava, si osservava ed ancora si osservava/ bisbigliavamo parole e commenti/ che solo io e te, Anna Maria, conosciamo».

Ma come ho conosciuto Anna Maria Massari? A presentarmela per la prima volta fu alla fine degli anni ’70, il marito Nando Porpora, all’epoca, io e lui militanti del sindacato Cgil. Io militavo pure – come si diceva allora – in un’organizzazione politica rivoluzionaria, il CLdP (Circolo Lenin di Puglia), e lottavo come un forsennato per il rispetto dei diritti sindacali dei contadini, dei coloni e dei mezzadri della nostra provincia. Per questa mia attività non ero affatto ben visto dai vertici sindacali, tanto da essere continuamente discriminato e spesso messo da parte. Nando Porpora, invece, che faceva parte anche lui dei vertici sindacali, era l’unico ad avere comprensione del mio operato, per cui spesso, quando ci si vedeva, ci si scambiava qualche parola e pure qualche buon caffé. Fu Nando che, ad un gioioso Primo Maggio presso Porta Napoli mi presentò sua moglie, che da quel momento divenne una delle mie migliori amiche.

Anna Maria Massari era nata a Lecce il 21 ottobre 1929. Aveva studiato all’Istituto Statale d’Arte, completando i suoi studi presso il Magistero di Firenze. Svolse la sua carriera di insegnante nelle Scuole Medie di Napoli, di Brindisi e di Lecce.

Il 30 marzo 1993, giorno tremendamente infausto per la sua storia di umana, Antonio Leonardo Verri così la ricordò: «La morte sta decimando i “selvaggi” del Salento. Dopo Totò Toma ed Edoardo, ieri è toccato ad una carissima amica: Anna Maria Massari. Chi le voleva bene non avrà più i segni della sua costante creatività, la sua dolcezza, la sua lucida allegria».

Appena qualche mese dopo, il 9 maggio 1993, anche lui, il selvaggio più selvaggio di tutti noi volava in alto, nel più alto dei cieli.


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