domenica 31 ottobre 2010

Il gioco come tecnica pedagogica di animazione di Rosa Grazie Romano (Pensa Multimedia)














Sapere che si possono operare dei cambiamenti nella nostra vita è fondamentale dal punto di vista formativo. Ma scoprire che attraverso il gioco è possibile realizzare delle vere e proprie trasformazioni nella vita degli individui è un’esperienza straordinaria per ogni educatore. Per realizzarla è indispensabile che gli educatori riscoprano il piacere di giocare ed il potenziale educativo del gioco e del gruppo.
Quali sono gli strumenti di cui può servirsi un animatore? Come adoperarli ed in quali contesti? Il libro fornisce alcuni strumenti metodologici e tecnici, utili a sviluppare le potenzialità presenti in ogni individuo, ad indicare vie per la libertà, a sperimentare il valore formativo della cooperazione, della solidarietà e della capacità comunicativa che va al di là delle parole. Esso si rivolge a tutti coloro che credono ancora che è possibile fare educazione e fare scuola in un modo nuovo e diverso, divertente ed efficace.

sabato 30 ottobre 2010

Sistemi che dialogano di Carmela Ursino (Pensa Multimedia)













I sistemi agenti nel sociale oggi non possono più operare con modalità autoreferenziale, quasi monadi leibniziane. Gli spazi agiti a favore del territorio necessitano di conoscenze comuni, di linguaggi condivisi e di metodi di lavoro unitari.
Il volume, nato dalle riflessioni sulle difficoltà che spesso insabbiano l’interazione tra sistemi, si rivolge a quanti operano nel settore della progettazione formativa con l’intento di fornire un contributo alla trasferibilità di modelli operativi efficaci. L’eguale importanza attribuita all’analisi degli aspetti istituzionali, all’approfondimento delle componenti concettuali e alla rivisitazione della dimensione organizzativa, rende questo testo uno strumento fruibile, a diversi livelli, da responsabili dei servizi, dal personale della scuola e da studenti universitari.

giovedì 28 ottobre 2010

“Il suono dell'orologio” di Anastasia Leo (Luca Pensa editore)





















Lampioni silenziosi
in una malinconica notte di nebbia
e fredda di gelidi sogni
che emettono urla strozzate
in un silenzio forzato ...
L'oblìo di
un'esistenza
senza vita ...
L'angoscia di un muto silenzio
raccontato ai
cancelli chiusi
di un cimitero in croce ...

info@pensaeditore.it

mercoledì 27 ottobre 2010

Fanfarije, di Assunta Finiguerra,. Prefazione di Franco Loi (LietoColle). Intervento di Nunzio Festa
















Assunta Finiguerra c'ha lasciato poco più d'un anno fa, il 2 settembre 2009. I due libri postumi pubblicati da due diversi editori (Mursia e LietoColle), una buona opera comunque, non bastano a farci svilire la forma più amara dell'assenza. Perché manca tutto l'anima sentimentale della poetessa Assunta Finiguerra. Nonostante rimarrà la sua parola. O almeno parte d'essa. Come, tra le altre cose, fa intuire il poeta, anch'egli dentro il 'dialettale', Franco Loi. E disistima a parte e in generale per la stessa poesia in dialetto, dunque, i versi di Assunta Finiguerra da San Fele, provincia di Potenza, c'hanno insegnato a non snobbare l'espressione in lingua regionale. In lucano per dire. Che la Basilicata, in effetti, a mille rivoli di dialetto eppure sonorità che altri avevano tentato persino d'offrire, in un passato più remoto, al mondo intero. Qualche anno fa, tra le altre cose, Assunta Finiguerra, prima d'essere bloccata e martoriata dalla malattia, decise d'accettare l'invito e/o proposta di fare da giurata al Premio Letterario “La città dei Sassi”, di Matera. Occasione per la quale accettò con garbo e durante la quale ci stette vicino con forza e attenzione/i. Ora che LietoColle, editore da sempre amico della Finiguerra, ha deciso di dedicarle questo importante volume, ma che è essenzialmente un omaggio alla poesia di qualità, alla vera poesia, ci si trova difronte a un corpo di testi che vedono tornare le 'dadate' sillogi “Rescidde” e “Solije”, insieme agli inediti componimenti dell'eponima “Fanfarije”. E prima di soffermarci proprio su quest'ultima, è necessario ricordare che tra le diverse pubblicazioni in vita, Finiguerra ci lasciò una trascrizione-trasposizione nel suo dialetto del nazionale “Pinocchio” (LietoColle). “È sscesë a lunë indë Sandë Félë / rë cchianë nda rë vvijë forë i pannë / restënë a gguardà i cuorvë ngiélë / ca strafochënë ciacëlijannë.” (È scesa la luna dentro San Fele / i sassi nelle vie fuori dai panni / restano a guardare i corvi in cielo / che si alimentano ciarlando”. Diceva un tempo la poetessa. A boccate d'irriverenza. Chissà, per esempio, tanto per ricominciare, se il suo Dio (invocato e fatto ballare) l'ha trovata davvero 'vestita' da “capro con il cuore di agnello”. Inutile parlare, citare, testimoniare i riconoscimenti ricevuti dalla poetessa di San Fele. Dunque meglio perdersi in “Fanfarije”. Che abbiamo in mano, tra l'altro, grazie al lavoro meritorio di Diana Battaggia: già vicina all'autrice lucana in molti momenti. Nella memoria presente d'endecasillabi accovacciati nell'intimità universale, frustata dalla tristezza, dal dolore dalla malattia pigliamo il sorriso della provocazione. Il gusto dell'ironia onirica. Dove il sesso è 'forzato'. Forzoso. Perché naturale è, per aggiungere, messo a contrasto della sofferenza. Ma a mo' di provocazione altissima, dunque. E Assunta Finiguerra ci spiega come nonostante il corpo a corpo, anima ad anima persino, con la morte intravista dalle finestre mezze abbassate, si possa creare versi alle quali il mondo intero deve abbeverarsi. Che le sonorità, su tutto assonanze e consonanze, quando non proprio rime, sbriciolano lo stesso muro del sanfelese per entrare nelle lingua italiota: mai così vissuta, infine, da galli e da gente (ambiente) comune. In nome d'una reale liricità. Le lettere italiche dovrebbero dare di più alla poetessa Assunta Finiguerra. Oggi, per giunta, che sapendo quanto nella vita finita presto aveva detto ci si dovrebbe accorgere dell'incisività di poesie indietro e avanti al tempo, accovacciate nel presente cangiante. I componimenti di Assunta Finiguerra, ognuno dei suoi testi, ci riferisce almeno una parola imperdibile. Indimenticabile.
Assunta Finiguerra c'ha lasciato poco più d'un anno fa, il 2 settembre 2009. I due libri postumi pubblicati da due diversi editori (Mursia e LietoColle), una buona opera comunque, non bastano a farci svilire la forma più amara dell'assenza. Perché manca tutto l'anima sentimentale della poetessa Assunta Finiguerra. Nonostante rimarrà la sua parola. O almeno parte d'essa. Come, tra le altre cose, fa intuire il poeta, anch'egli dentro il 'dialettale', Franco Loi. E disistima a parte e in generale per la stessa poesia in dialetto, dunque, i versi di Assunta Finiguerra da San Fele, provincia di Potenza, c'hanno insegnato a non snobbare l'espressione in lingua regionale. In lucano per dire. Che la Basilicata, in effetti, a mille rivoli di dialetto eppure sonorità che altri avevano tentato persino d'offrire, in un passato più remoto, al mondo intero. Qualche anno fa, tra le altre cose, Assunta Finiguerra, prima d'essere bloccata e martoriata dalla malattia, decise d'accettare l'invito e/o proposta di fare da giurata al Premio Letterario “La città dei Sassi”, di Matera. Occasione per la quale accettò con garbo e durante la quale ci stette vicino con forza e attenzione/i. Ora che LietoColle, editore da sempre amico della Finiguerra, ha deciso di dedicarle questo importante volume, ma che è essenzialmente un omaggio alla poesia di qualità, alla vera poesia, ci si trova difronte a un corpo di testi che vedono tornare le 'dadate' sillogi “Rescidde” e “Solije”, insieme agli inediti componimenti dell'eponima “Fanfarije”. E prima di soffermarci proprio su quest'ultima, è necessario ricordare che tra le diverse pubblicazioni in vita, Finiguerra ci lasciò una trascrizione-trasposizione nel suo dialetto del nazionale “Pinocchio” (LietoColle). “È sscesë a lunë indë Sandë Félë / rë cchianë nda rë vvijë forë i pannë / restënë a gguardà i cuorvë ngiélë / ca strafochënë ciacëlijannë.” (È scesa la luna dentro San Fele / i sassi nelle vie fuori dai panni / restano a guardare i corvi in cielo / che si alimentano ciarlando”. Diceva un tempo la poetessa. A boccate d'irriverenza. Chissà, per esempio, tanto per ricominciare, se il suo Dio (invocato e fatto ballare) l'ha trovata davvero 'vestita' da “capro con il cuore di agnello”. Inutile parlare, citare, testimoniare i riconoscimenti ricevuti dalla poetessa di San Fele. Dunque meglio perdersi in “Fanfarije”. Che abbiamo in mano, tra l'altro, grazie al lavoro meritorio di Diana Battaggia: già vicina all'autrice lucana in molti momenti. Nella memoria presente d'endecasillabi accovacciati nell'intimità universale, frustata dalla tristezza, dal dolore dalla malattia pigliamo il sorriso della provocazione. Il gusto dell'ironia onirica. Dove il sesso è 'forzato'. Forzoso. Perché naturale è, per aggiungere, messo a contrasto della sofferenza. Ma a mo' di provocazione altissima, dunque. E Assunta Finiguerra ci spiega come nonostante il corpo a corpo, anima ad anima persino, con la morte intravista dalle finestre mezze abbassate, si possa creare versi alle quali il mondo intero deve abbeverarsi. Che le sonorità, su tutto assonanze e consonanze, quando non proprio rime, sbriciolano lo stesso muro del sanfelese per entrare nelle lingua italiota: mai così vissuta, infine, da galli e da gente (ambiente) comune. In nome d'una reale liricità. Le lettere italiche dovrebbero dare di più alla poetessa Assunta Finiguerra. Oggi, per giunta, che sapendo quanto nella vita finita presto aveva detto ci si dovrebbe accorgere dell'incisività di poesie indietro e avanti al tempo, accovacciate nel presente cangiante. I componimenti di Assunta Finiguerra, ognuno dei suoi testi, ci riferisce almeno una parola imperdibile. Indimenticabile.

martedì 26 ottobre 2010

Canzoniere per Giulio di Daria Menicanti (Manni)
















Un limpido canzoniere, sempre leggibile come un canzoniere d'amore e sempre capace di ribaltarsi, con poco più di un docile fruscìo, in un canzoniere di morte.

lunedì 25 ottobre 2010

Antonio Banfi e il protestantesimo di Irene Gianni (Manni editori)



















In questo volume, attraverso una innovativa disamina degli scritti di Antonio Banfi comparsi tra gli anni Venti e Quaranta, con particolare attenzione a quelli più strettamente teologico-filosofici, emerge l’influenza del pensiero protestante nella riflessione banfiana intorno al complesso rapporto tra fede e ragione.

domenica 24 ottobre 2010

Suor Giovanna della Croce L'anima semplice di Matilde Serao (Manni editori)




















Pubblicato nel 1901 da Treves, questo romanzo narra la dolorosa odissea di una monaca di clausura espulsa con le consorelle dal convento di Suor Orsola Benincasa nel quale ha trascorso trentacinque anni della sua vita. Il provvedimento governativo la spinge, impreparata e indifesa, nel gorgo della vita civile dove, tra egoismi e bassezze, sperimenta umiliazioni e miseria, fino a confinarla, a poco a poco, tra i mendicanti laceri e affamati che annaspano nel ventre di Napoli.

sabato 23 ottobre 2010

Del celeste confine di Norma Stramucci (Manni)


















Descrizione: Realtà e fiaba convivono in questo poema-racconto scritto in versi che alternano il classicismo al linguaggio quotidiano. Il bene e il male sono inseriti in un viaggio allegorico che ha un percorso senza tempo. Si passa dal paradiso terrestre al regno dei morti.

venerdì 22 ottobre 2010

A compimento di Cristina Alziati (Manni editori)



















Scrive Luca Lenzini di queste poesie civili: «A stabilire l’orizzonte primo di A compimento sono luoghi e momenti definiti della storia e il “resistere” s’iscrive nei conflitti che, qui ed ora, oppongono parti in lotta, rispetto alle quali occorre schierarsi, dividersi e riconoscersi. La sfida della poesia è portata nel punto d’intersezione tra memoria individuale, vissuto quotidiano e storia di tutti…»

giovedì 21 ottobre 2010

Donna di cera di Angela Ruia (Manni editori)


















Versi antinarrativi, che vivono fuori dal mondo, oltre il mondo; una nicchia d'anima che racconta di sé, del suo bisogno d'amore

mercoledì 20 ottobre 2010

Alla parola amore di Patrizia Perlingeri (Manni editori)


















L'analisi del sentimento amoroso e delle derive cui può condurre la noia coniugale è il tema di fondo di questo romanzo. Che indaga nell'intimo, esplora situazioni, descrive fatti reali, si misura con il caso e il "destino" : in tutto il lettore si ritrova, nel bene e nel male.

martedì 19 ottobre 2010

LIBELLULA BOOK FEST il 22 ottobre con Valeria Corrado e Francesca Ricchiuto









Nel Salento di Bodini, della cultura, dell’editoria scopriamo Libellula Edizioni di Tricase, (http://www.libellulaedizioni.com/) una piccola realtà portata avanti da giovani menti che hanno fatto della leggerezza, la loro capacità di muoversi velocemente nel complesso mondo dei libri. Ogni collana d questa casa editrice, è scandita da una linea grafica che la contraddistingue. La collana NovElle, dedicata alle donne, è quella su cui puntano di più. E tra i suoi titoli ricordiamo “Testarda io” di Valeria Corrado (la protagonista del romanzo, Ilaria, scrive della sua ricerca interiore affidandosi ai tasti di un pc); oppure “Benedetto il frutto”, di Federica Francesca Ricchiuto (un immersione profonda nelle radici dell’essere).

Di Libellula edizioni, e del loro staff, il Salento ne sentirà parlare molto, e penso anche a livello internazionale, perché sappiamo, ma non possiamo anticipare, che potranno fare del bene all’editoria di queste latitudini.

I volumi presentati:

Testarda io! Di Valeria Corrado - Giunto alla terza ristampa, che per un segmento editoriale medio/piccolo e con una storia di poco meno di tre anni alle spalle, questo libro diventa un vero e proprio successo. La protagonista, Ilaria, scrive della sua ricerca interiore affidandosi ai tasti del pc. È un incedere regressivo, che va dalla sua immagine riflessa in uno specchio, all’intreccio di destinalità che tendono a comporsi in un mosaico fondamentale per costruire una storia: anzi la storia di Ilaria. Chi è Ilaria dunque? Ritratto esemplare di donna sensuale, alla ricerca di un uomo da amare e che sappia soddisfarla sotto ogni punto di vista. Ma Ilaria è un “paradigma ontico” di ciò che si vorrebbe essere, senza però avere la forza di intraprendere un cambiamento nella propria esistenza. Si sente vicina ad un uomo che fondamentalmente ha idealizzato, ma che in realtà è detestabile; si sente una figlia indegna perché vorrebbe essere come sua madre, una donna carica di sintomatologie passivo/aggressive che accetta qualsiasi cosa in silenzio soffocando le lacrime. Scritto con una prosa che va ben oltre il mestiere della scrittura, “Testarda, io” di Valeria Corrado è un diario, un epistolario ideale con tutte le donne del mondo, che vorrebbero assaporare la vita nonostante tutto, nonostante le mille e mille zone d’ombra. Un libro intenso e accattivante che mai vorrete lasciare sul comodino!

Benedetto il frutto di Federica Ricchiuto - Una storia che è di tutti i giorni, un racconto di vita e di tempi, di uomini ma soprattutto di donne, di amori e di passioni, di colpe e di paure, di slanci alti di sentimento, di lancinanti tormenti e di conflitti interiori. Pagine scritte con punti alternati, di dritto e di rovescio, per introdurre il lettore e la coscienza a due mondi diversi, a due storie lontane e contrastanti ma paradossalmente identiche, a due donne figlie del loro tempo, ad una condizione femminile che lega indissolubilmente la donna alla vita (Francesco Caccetta)

LIBELLULA BOOK FEST - Presentazione dei volumi, degli autori e della casa editrice Libellula! Interverranno Tiziana Cazzato per Libellula edizioni. Presenteranno le autrici Stefano Donno, e Luciano Pagano

Venerdì 22 ottobre 2010 h.19,30. Cibus Mazzini, via Lamarmora 4, Lecce

Al fratello di Marika Pensa (Manni editori)


















Queste poesie si proiettano nel sociale. Una musica interna, come un solfeggio o una nenia, dà vita a versi che animano un pensare razionale. Dove il colore è luce con la sua “perenne caduta sulle cose”.

lunedì 18 ottobre 2010

Adolescenza infinita di Rossella Cerniglia (Manni editori)














Unica certezza è, per la protagonista di questo romanzo, la sua diversità: la dolorosa sensazione di essere un’esclusa, di capire che il suo destino non sia di vivere intensamente ma di assistere ad un passaggio, come se vedesse il lento fluire di un vascello silente che scivola sulle acque con un carico di mistero.
Rimane allora il dolore, il disincanto, la consapevolezza di vivere come in una rarefatta visione, in un’immagine che tristemente dilegua.

domenica 17 ottobre 2010

... pare in primavera un giardino dell'Eden... di Agnese Pellegrino Nicastro (Manni editore)


















La terra di origine, il Salento, ispira e conduce le narrazioni di questo libro dove si coniuga la voce del presente e quella del passato. Un libro di "immagini", che sono la sola possibile realtà e identità.

sabato 16 ottobre 2010

La scala di Giacobbe Cura e traduzione di Livia Apa di Ana Luísa Amaral (Manni editori)


















In questi versi ricerca e attesa finiscono per confondersi costruendo un luogo e un tempo “tra”, eternamente sospesi pur esistendo in quanto tali, in cui è compito della poesia far coincidere perfezione ed eccesso, solo in apparenza universi impossibilmente conciliabili.
È una poesia che riconosce il cambiamento come unico motore dell’universo, unico strumento capace di farci conoscere i corpi celesti. (Livia Apa)

venerdì 15 ottobre 2010

Coraggioso amore a cura di Marco Sonzogni di Katherine Mansfield (Manni editori)
















Coraggioso amore, in Italia pubblicato per la prima volta, è l’ultimo racconto di Katherine Mansfield, rimasto per decenni manoscritto dimenticato, prima di essere ritrovato dopo la morte della scrittrice.
Come in una sorta di chiaroscuro, l’autrice tratteggia la storia dell’incontro tra l’ingenuo Mitka e la maliziosa Valerie, tra amorose schermaglie e infingimenti. Questo gioco di luci e ombre dà alla narrazione una soffusa atmosfera di ambiguità che trova corrispondenza nell’essenza contraddittoria dei personaggi, continuamente in bilico tra realtà e apparenza, compostezza e grettezza, ingenuità e malizia.
In questo racconto la delicatezza della narrativa mansfieldiana – che la critica ha annoverato tra le più alte del Novecento – è preludio a smarrimento e deterioramento: emotivo, mentale, fisico. Una architettura narrativa sfaccettata, in cui, come afferma Rebecca West, “la logica della poesia conquista la prosa”.

giovedì 14 ottobre 2010

Manuela Correros , a cura di Francesco Niccolini 1978 Come un romanzo (Manni editore)















Un romanzo sulla tragedia dei desaparecidos e dei hijos in Argentina scritto da una giornalista argentina che l’ha vissuta sulla propria pelle.
Senza retorica, attingendo a vari documenti, l’autrice ricostruisce la storia della sorella maggiore, Paula, scomparsa nel 1978 a Buenos Aires, proprio durante i Mondiali di calcio, e della famiglia di un militare, Alfredo Ignacio Mancìni, torturatore e carnefice di Stato.
È un noir duramente ispirato alla realtà, da leggere tutto d’un fiato, destinato a lasciare un segno forte nel lettore.
Con l’Introduzione di Marco Bechis.

mercoledì 13 ottobre 2010

Grumo e la sua gente di Angela Santacroce (Minuto d'Arco editore)





















Non è soltanto una raccolta di ricordi. Vi si respira l’ansia di un amore perduto che non si fa, però, nostalgia. L’autrice, ha saputo costruire l’immagine di sé attingendo all’esperienza della sua vita, ma, mischiando
quell’acqua con altra diversa che ha sgorgato da ben altre cannelle; ha fatto l’esperienza di una vita, sviluppatasi all’ombra di altre case e di altre chiese di ben altri meandri del mondo. Si troverà la prima acqua. Se ne disseti chi vuol farlo, nella coscienza che il miglior futuro non è edificabile se non c’è memoria del passato, nella convinzione che gli errori della storia devono emendare un presente, padre del futuro.

Angela Santacroce nasce a Grumo Appula, in provincia di Bari. Dimostra sin dall’adolescenza un precoce spirito di indipendenza e un forte bisogno di conoscenza. Si trasferisce a Milano dove, col lavoro, si crea un’autonomia economica. Fa frequenti viaggi in Europa. Il desiderio di conoscere altre culture la spinge ad affrontare l’esperienza dell’emigrazione in America Latina da dove ritorna col desiderio più accentuato della conoscenza e dell’affermazione dei diritti umani. Autodidatta, consegue la maturità magistrale e studia Psicologia Clinica all’Università di Torino. Il bisogno di indagare i comportamenti e i condizionamenti
sociali l’ha portata a sviluppare una specifica attenzione e sensibilità per la cultura contadina e per il ruolo femminile.

martedì 12 ottobre 2010

L'invenzione del romanzo Dall'oralità alla lettura silenziosa di Rosamaria Loretelli (Laterza)












Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento nasce una forma letteraria nuova che si impone come il canone contemporaneo: il romanzo. La sua invenzione coincide con il passaggio dalla lettura orale e collettiva a quella silenziosa e individuale. E trasforma il nostro modo di pensare la realtà: da quel momento il racconto diventa lo stesso universo mentale degli uomini occidentali. La storia di una trasformazione essenziale per la nostra civiltà che coinvolge tutti i lettori di romanzi ma non solo.

lunedì 11 ottobre 2010

Trittico in quote rosa di versi: Marta Arrizza, Tiziana Cazzato, Nadia Turriziani













Marta Arrizza esordisce con “Parole allo specchio” una raccolta di versi intensi pubblicata da Ibiskos edizioni nella collana minimal. La scelta di ogni singola parola, pur nell’immediatezza dell’esordio, sceglie il dialogo con un’alterità troppo profonda per reggerne l’impatto emotivo. “Parole allo specchio” frutto comunque di innumerevoli sedimentazioni, cerca attraverso il respiro poetico un ritmo dell’oltre perennemente in bilico tra introspezioni ed estroflessioni osservative, che indagano un reale comunque magico e a volte oscuro. (Fuggi – Fuggi dal rumore che non sai ascoltare/ e dalle parole che non vuoi udire/. Vai lontano, rincorri la tua ombra,/ apri le mani al cielo e vai via./ Non tornerai,/ non dimenticherai/ e solo i tuoi passi/ sentirai). La mia seconda scelta per questo trittico in quote rosa di versi, è la raccolta pubblicata dalla casa editrice salentina Libellula, dal titolo “Fiori di campo” di Tiziana Cazzato che non è all’esordio ma ha già pubblicato "Macchie d’Inchiostro” con le edizioni Il Filo di Roma . Prosa poetica toccante soprattutto per i contenuti che mirano alla costruzione di un sentimento di solidarietà, adiacenza e amore verso il prossimo, realmente umanitario, realmente di vicinanza all’essere umano, quasi metafisico. Dice l’autrice di questi versi: “…mi piace vederli più come dei fiori di campo: come questi, le parole nascono spontaneamente nel mio cuore, con il semplice desiderio di perpetuare un angolo di vita, la più piccola emozione. Offro questi miei fiori a tutti coloro che avranno voglia di coglierne il profumo e apprezzarne il colore…”. (Al sopraggiungere della sera/ la vita indossa gli abiti/ da noi preferiti/ e inizia a ballare/ sulla musica/ dei nostri sogni). Ho avuto modo di conoscere a apprezzare Nadia Turriziani in una sua precedente produzione narrativa dal titolo “Sul sottile filo del desiderio” (Diamond editrice, 2010). Un libro carico di sensualità e di veri e propri uragani di erotismo. Ora quest’autrice realizza un e/book dal titolo emblematico di “Aria, acqua, terra e fuoco”. Lo si può acquistare a questo link: http://www.compraebook.it/178/Aria-Acqua-Terra-e-Fuoco.html. La poesia che la Turriziani propone ha una musicalità che proviene da ancestrali forze “elementali” ovvero secchezza e freddezza, secchezza e calore, umidità e freddezza, umidità e calore, creando un gioco dove contrari e opposti hanno solo una qualità differente. Dunque una poesia dove la forza dell’Amore altro non è che l’essenza stessa del mondo, che ha più piani di esistenza dalla morte alla vita e viceversa. Poesia dalla forza creatrice che viene fondamentalmente dal caos dall’Eros, senza compromessi e senza censure. (stefano donno)

(Un amore da sogno - Uno spicchio di luna / Nel cielo limpido /Rende l’atmosfera / Più romantica. /Un sogno il mio. / Il riflesso del tuo corpo / Fievole nel lago / Trasforma il paesaggio/ alpestre / In una favola. / Il tuo odore / Meraviglioso / Indimenticabile / Ricopre il mio corpo./ Sei stupendo! / Un dio greco / Scolpito generosamente / Dalla natura. / Il profilo perfetto / Che dà luce e colore / A questo quadro idilliaco. / Un sospiro / Scuote il tuo torace / Ed un ricciolo ribelle / Scende birichino / Sul tuo volto estasiato. / Sento ancora / Le tue mani / E le tue labbra / Scorrere sulla mia/ schiena. / Il peso piacevole / Del tuo corpo / Che mi fa mancare/ Percettibilmente il fiato)

domenica 10 ottobre 2010

L’Apefante Filiberto di Sonia Abatepaolo (Libellula edizioni)








Tenera e delicata metafora della ricerca della propria identità personale è la fiaba ricerca di un nome”, che ci conduce nel nascita. curiosi, egli approderà nell‛Arcipelago dei Balocchi, a bordo di un trenino MultiColori, che vola tra le nuvole in cielo. Lì, grazie all‛aiuto della Maga Magona, realizzerà il suo sogno e sarà per tutti l‛elefante, o meglio, l‛Apefante Filiberto. Pregevole la caratterizzazione, quasi “L‛Apefante Filiberto – In viaggio alla mondo fantastico di un elefantino, triste, poiché privo di un nome fin dalla propria. Attraverso un viaggio ricco di incontri teatrale, di alcuni personaggi, ottenuta attraverso l‛uso del linguaggio e di scelte intercalari (Mister Pentagramma). La morale è svelata al giovane lettore nella chiusa del racconto: per quanto la vita ci possa cambiare esteriormente, bisogna rimanere fedeli a se stessi e al proprio nome.

sabato 9 ottobre 2010

La Pizzica, grounding Salentino di Anna Tecla De Rinaldis (Libellula edizioni)








In questo scritto non ho la pretesa d’ inventare nessuna cosa, che non sia già stata fatta o detta altrove. Ma si può, rielaborandoli, mettere a luce numerosi insegnamenti assimilati in diversi anni. Nessuno di noi ha inventato niente,nè possiamo vantare una sorta di copyright su qualcosa, che già esisteva prima di noi, anche se ,spesso qualcuno tenta di apporre il suo marchio su questo o quello, per questioni di immagini e di potere. In realtà, ognuno di noi ha attinto altrove a qualcosa che già c’era, (se non da un libro, da un corso, da un maestro) che già da tempo
esisteva nell’ universo. Così non mancheranno sicuramente, cose sapute e risapute, dette e ridette certe verità, se sono davvero tali, non cambiano mai, casomai possono spiegarsi, in maniera differente a vari livelli di possibile comprensione. Ci saranno integrazioni, pezzi originali di altri libri virgolettati, ma non mancherà una corposa parte mia, originale, forse non erudita o lessicalmente corretta, giocosa, lasciata venire da sè in quella palestra che è la vita stessa. Un bel viaggio alla ricerca fisica ed interiore dell’ io corporeo e nelle sue estensioni pulsanti e dinamiche all’ esterno di esso, nel mio modo di concepirlo e di analizzarlo. Come diceva Lowen “Il campo è vasto quanto la vita stessa”.

venerdì 8 ottobre 2010

In anteprima un estratto de "Il mio primo omicidio " di Leena Lehtolainen (Fanucci)






















Jyri si svegliò con un atroce bisogno di orinare. In bocca quel sapore acre che in genere ti lasciano whisky, birra, aglio e una serie infinita di sigarette. Si domandò se in casa avrebbe trovato della Fanta. Il mattino dopo una sbornia era quella la sua medicina preferita, se la situazione non era grave al punto da richiedere una birra. La mattina era divinamente bella. Tuulia e Mirja erano sedute in terrazza e s’occupavano della colazione. Tutto quel ciarlare sulle virtù dei vari formaggi lo divertì – in realtà le due donne non si sopportavano. Ma dal momento che una era il miglior soprano e l’altra il miglior contralto dell’ASPROF, l’Associazione degli studenti delle province orientali di Finlandia, erano costrette a fare buon viso a cattiva sorte. Mirja era la perfetta incarnazione del contralto, bruna, rotondetta, tenebrosa. Perfetta per la parte della zingara nel Trovatore di Verdi: come si chiamava poi... la zingara, insomma. Il sole abbagliante lo colpì agli occhi, tanto che il capo gli rintronò. Per sicurezza mandò giù due tachipirine, anche se era convinto di essere ormai immune al trattamento. Fanta non ne trovò, ma c’era succo d’arancia. Il mondo gli si mostrava nel suo splendore più deprimente: il mare scintillava, gabbiani strepitavano vicino al pontile, si annunciava un pomeriggio canicolare. Cantare con quella calura non sarebbe stato tanto facile. «Allora, Jyri, pesante la spranghetta?» fece Tuulia in tono canzonatorio. Anche lei aveva un’aria pallida, di sicuro nessuno aveva dormito granché quella notte. Ma che problema c’era? A lavorare si andava solo l’indomani. «Gli altri dormono ancora?» «Piia è andata a fare un bagno. Altri non ne ho visti. Sarebbe ora che si alzassero, se vogliamo combinare qualcosa.» Mirja lo disse con un tono acido, i poltroni non le garbavano affatto. Il miglior doppio quartetto dell’ASPROF si era radunato nella villa dei genitori di Jukka in vista di un impegno importante, a suo parere, per fare le prove e non per fare baldoria. Tutto qui. Per cui sveglia, un bel caffè in canna, poi sotto coi vocalizzi. Jyri si tirò su. Un bel bagno non sarebbe stato una cattiva idea. L’acqua era sui venti gradi, quel che ci voleva. Si diresse caracollando verso il pontile di legno. Sulla spiaggetta accanto alla sauna scorse Piia, decentemente ricoperta da un bikini. Jyri non se la sentì di andare così lontano, per cui, alla faccia del pudore, giù le brache e oplà, in mare. Anche Jukka era in mare, galleggiava sull’acqua bassa vicino agli scogli. Doveva avere un mal di testa furibondo, almeno a giudicare dal buco enorme che esibiva sul cranio. Per il resto, non aveva l’aria troppo sveglia... Jyri si sentì rivoltare lo stomaco, e precipitarsi a vomitare sulle canne vicino alla riva fu l’unico sollievo. Gli ci volle un paio di minuti per risollevarsi e riuscire a tornare sulla veranda, dove adesso c’era anche altra gente. La sua voce limpida e invidiata di primo tenore non bastò ad articolare chiaramente le parole. «Che diavolo ci fai, così, con le chiappe al vento?» gli fece Tuulia. «Jukka... là, al pontile, oh Cristo... Forse è morto! Annegato!» «Ma di che cazzo parli?» Antti si precipitò verso la riva, Mirja gli corse dietro. Un attimo, e la donna tornò indietro per fiondarsi sul telefono. I numeri delle emergenze erano nitidamente riportati accanto all’apparecchio. Dalla terrazza udirono la sua profonda voce di contralto rivolgersi affannata alla polizia, e solo dopo cercare un’ambulanza.Dove mai ti trascina la corrente? Ero sotto la doccia, impegnata a sciacquare via il sale dalla pelle, quando il telefono squillò. Sentii il mio annuncio nella segreteria, poi la voce di un collega che mi chiedeva di richiamare al più presto. Il riposo domenicale era durato, con mia sorpresa, più del previsto, ma non ero riuscita a rilassarmi, nemmeno sulla spiaggia. Per qualche motivo m’ero sentita in dovere di trascorrere la prima bella giornata libera dell’estate a indorarmi al sole, sebbene detestassi fare vita di spiaggia. Per tutto l’inverno avevo frequentato assiduamente la palestra, ragion per cui il mio fisico era presentabile come non accadeva da anni. A parte qualche cuscinetto di cui non mi sarei mai sbarazzata, visto il ritmo con cui mandavo giù le birre. Interruppi la segreteria e composi il numero del commissariato. Il centralino mi passò Rane. «Ciao, bellezza! Tra un quarto d’ora sarò davanti a casa tua. Ho già impacchettato tutto. C’è un cadavere a Vuosaari, una pattuglia ce l’ha segnalato una mezz’oretta fa. Serve niente dal tuo ufficio? Arrivo! Si riparte, mi dissi, mentre cercavo nell’armadio qualcosa di presentabile da indossare. La gonna della divisa l’avevo lasciata in ufficio, a Pasila, sicché dovevo ricorrere ai miei jeans più decenti. I capelli erano bagnati, ma il fon non avrebbe fatto altro che scarruffare la mia zazzera rossiccia. Mi sforzai di stendere una specie di trucco sulla faccia arrossata, e feci un paio di smorfie nello specchio. L’immagine che mi rimandava era tutt’altro che quella di una rispettabile poliziotta: gli occhi verdognoli sembravano presi a prestito da un gatto, riccioli stopposi e ribelli con riflessi rossastri accentuati dalla tintura («il segreto chi lo sa, solo io e Melody...»). Il tratto che in me destava l’impressione più irriverente era il nasino all’insù che il sole aveva picchiettato di lentiggini. La mia bocca qualcuno l’aveva definita sensuale, il che significava, in soldoni, che avevo il labbro inferiore accentuato. Era proprio questo donnino, adesso, con l’aria di una mocciosetta, che doveva andare a far rispettare la legge e l’ordine là in fondo all’estremo lembo di Vuosaari? La sirena di Rane si fece sentire da lontano. Lui adorava farla andare a tutto volume, come metà dei poliziotti finlandesi.I morti non c’era rischio che se la filassero, ma questo la gente non era tenuta a saperlo

giovedì 7 ottobre 2010

Eroi senza trionfo di Nicoletta Tienforti (Libellula edizioni)








La storia è un flash back sul viaggio della nave obo A. IV, una trasformabile di 120.000 tonnellate di stazza, dal 14 dicembre 1979 al maggio 1980 intorno alle coste del Mediterraneo e nell’Atlantico. Sull’imbarcazione si intrecciano le vicende dei diversi personaggi e, in particolare, quelle di Dario e Vasco, due sfortunati amici che rimangono vittime di un brutto incidente che costerà loro una lunga degenza presso l’ospedale Montelepre di New Orleans e la quiete familiare. Il quadro che ne risulta è il frutto dell’esperienza vissuta in prima persona dall’autrice.

Nicoletta Tienforti è nata a Camogli il 26 novembre 1960. Mente eclettica, versatile ed estroversa, amante del viaggio e del reportage, scrive dall’età di dieci anni. “Eroi senza Trionfo” è il diario di una ragazza, che evade da una vita troppo stretta per vivere le proprie passioni.

mercoledì 6 ottobre 2010

Vita e Svita di Carolina Mercurio (Libellula edizioni)








Scienza e letteratura, un binomio da molti ritenuto antitetico, in quanto uno dei grossi problemi della Scienza è proprio quello del linguaggio: il linguaggio scientifico è ricco di ecnicismi, di gergalismi, la struttura è complessa, e questa caratteristica finisce col relegare la scienza in un angolo, di non essere percepita e conosciuta dai più. In Italia solo in tempi ecenti scienza e tecnologia hanno fatto pace col grande pubblico grazie ad un giornalista, divulgatore scientifico di razza come Piero Angela e a suo figlio Alberto.

Chi invece ha saputo raccontare la Scienza rendendola amica e facendoci intravvedere le sue grandi potenzialità sono stati da sempre i grandi narratori: Luciano di Samosata, che 2000 anni fa nel romanzo “Storie vere” racconta un viaggio sulla Luna e l’incontro con i Seleniti; in tempi più recenti, nel 1700, Jonathan Swift con i Viaggi di Gulliver, Edgard Allan Poe, Mary Shelley, col suo Frankenstein, Jules Verne, e nel nostro secolo Jsaac Asimov. I brani che il 20 giugno 2008 abbiamo ascoltato dalla voce di Jole Mustaro e di Concetta Onesti, rientrano in questa categoria, quella della Letteratura che si assume il compito di sottrarre la Scienza al controllo degli scienziati, trasformandola in emozione, sentimento, narrazione… (Tratto dalla prefazione di Flavia Falcone giornalista)Un libro straordinario, scritto con il preciso intento di dar voce a una testimonianza, quella di una donna (Belit nel romanzo) che dopo esser venuta a conoscenza del proprio male combatte non solo contro la “malattia” ma anche contro quel sistema di speculazione a cui una parte della medicina aderisce. “Vita e sVita” ci mostra cosa può accadere quando la sete di denaro e di fama, in medicina, conquista la prima posizione in campo. Un sistema dove baroni luciferini cancellano il paziente, trasformandolo all’istante, magicamente, in una Non persona, un meccanismo per fabbricare denaro, la gallina dalle uova d’oro. Un luogo dove non c’è pietà e non viene concesso di sperare: il libro ci porta nella casa delle streghe, in una tela di ragno, guai a entrarci o sei perduto. (Prefazione).

Ma “Vita e sVita” non è solo denuncia. È anche un ringraziamento a quell’altra gran parte della Medicina e della Ricerca che studia, combatte assieme a noi le nostre battaglie, ci affianca nel dolore e ci aiuta a non sentirci soli. A Belit si è aperto “un mondo nuovo, fatto di uomini altruisti, che con impegno e passione, e senza il giusto riscontro economico, lavorano per noi”. (Prefazione) Ed è proprio all’ AIRC (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) che andrà devoluto il ricavato dalla vendita di “Vita e sVita” con l’obiettivo di contribuire alla ricerca con una borsa di studio annuale.

Costo: 15 euro – Può essere acquistato direttamente su www.youcanprint.it o al seguente indirizzo mail info@youcanprint.it

Il ricavato sarà devoluto all’AIRC.

martedì 5 ottobre 2010

Fiori di campo di Tiziana Cazzato (Libellula edizioni)












…mi piace vederli più come dei fiori di campo: come questi, le parole nascono spontaneamente nel mio cuore, con il semplice desiderio di perpetuare un angolo di vita, la più piccola emozione. Offro questi miei fiori a tutti coloro che avranno voglia di coglierne il profumo e apprezzarne il colore…

Tiziana Cazzato è nata il 19 agosto 1974 a Uster (ZH). Laureata in lettere moderne presso l’Universita di Lecce, ha pubblicato “Macchie d’Inchiostro” (Il Filo edizioni, Roma, 2004). Ha partecipato all’ antologia “Soffi di Umanità” (Edizioni Nord- Sud, Villa Lagarina, 2006).

lunedì 4 ottobre 2010

Dià/cromìe ovvero Colori in tran(ce)sito dal 5 al 20 ottobre 2010 a Cibus Mazzini di Lecce








Dopo il successo di critica e di pubblico della personale di Marina Andrenucci sui “Falsi d’Autore” ecco che un nuovo appuntamento d’arte fa il suo ingresso negli spazi espositivi di Cibus Mazzini in via Lamarmora 4 a Lecce: parliamo di Dià/cromìe Colori in tran(ce)sito la collettiva curata dall’artista Paola Scialpi di opere di Sabrina Barone, Danila Caccioppola, Erika De Benedetto, Serena Marchese. Queste giovani artiste sembra vogliano illustrare con la loro produzione l’oltre/fisico dei colori, studiandoli in tutte le loro manifestazioni, e soprattutto mettendo in risalto la complessità della fenomenologia cromatica e l'ingerenza della vista nella percezione delle forme e dei colori in un’opera. Il pubblico che potrà visitare liberamente questa collettiva d’arte, percepirà una lieve brezza romantica che rende i colori di questi lavori entità vive, quasi umane. I soggetti che in questa esposizione vengono prediletti vanno dal figurativo al metafisico, ma sono pur sempre soggetti che sembrano voler comunque sferrare un attacco alla razionalità, quasi fosse il nemico principale e forse unico del caos dei nostri giorni. Sabrina Barone, Danila Caccioppola, Erika De Benedetto, Serena Marchese al loro esordio pubblico ci dicono in poche battute cromatiche che il loro sentire il transito dei colori è un’offerta d’amore all’Arte, che racconta di corpi, sagome, luci e ombre visibili da un occhio che è pieno di questo amore, e soprattutto disposto ad andare al di sotto del visibile

VIAGGIO NEL SALENTO di Maria Brandon Albini (Kurumuny)





















Maria Brandon Albini, una delle protagoniste di maggior rilievo della letteratura meridionalista del secondo dopoguerra, ci racconta il suo “Viaggio” nel Salento con una scrittura dall’andamento leggero e brioso, tanto che si ha quasi l’impressione di leggere degli appunti, delle notazioni di viaggio prese giorno per giorno.
L’autrice s’immerge in un universo composito dove convivono antiche credenze e istanze della contemporaneità, dove le leggende s’incrociano con storie di santi e il mondo magico e rituale della cultura contadina non è in contraddizione con il sindacalismo e le leggi di difesa operaia.
L’Albini si sofferma sulla condizione delle donne nel Sud, registra il persistere di tradizioni popolari che sopravvivono agli assalti della modernità, la pratica della lamentazione funebre, la lingua grika e il tarantismo, pagine queste ultime di estremo interesse da un punto di vista della documentazione storica: scopriamo infatti che un anno prima del suo viaggio in Salento, era stata proprio l’Albini a inviare nell’Italia del sud un amico francese, il fotografo Andrè Martin. Come è noto, saranno proprio le foto di Martin a spingere Ernesto de Martino a occuparsi del tarantismo salentino.
In questa realtà variegata e complessa l’autrice si lascia orientare da guide sapienti, giovani studiosi, intellettuali e non solo: la sua, quindi, non è una conoscenza libresca, ma è un approccio critico che tiene conto delle situazioni e dei problemi reali.
Questo breve resoconto di viaggio redatto con uno stile a metà strada tra reportage e cronaca, storia e antropologia, politica e religione è l’istantanea preziosa di un mondo colto alle soglie del grande mutamento e l’Albini sembra chiedersi se il rinnovamento della società demolirà o meno la cultura tradizionale imperniata sul dialetto e sul folclore. ( a cura di Sergio Torsello)

domenica 3 ottobre 2010

HANNA E VIOLKA - una madre e una figlia, due donne tra le 1.700000 di Rossella Piccinno (Kurumuny edizioni)





















Hanna Korszla è una delle 1.700.000 badanti presenti in Italia, vive in Salento da tre anni insieme a Gina e Antonio, un anziano ultraottantenne malato di Alzheimer, di cui si occupa costantemente. Violka è sua figlia, diciannovenne polacca senza lavoro. Le vite di Hanna e Violka si incontrano come in uno specchio scambiando i propri ruoli nella cura di ‘Ntoni. E’ così che Hanna può finalmente ritornare in Polonia a riabbracciare il resto della sua famiglia confrontandosi con un presente e con un passato difficile, mentre Violka, badante-bambina, fa i conti con un soggiorno che non si rivela essere proprio “una vacanza”.
“Hanna e Violka” è un film sulla trasformazione, quella privata delle protagoniste a confronto con differenti ruoli, e quella sociale dell’Italia che invecchia, della famiglia che cambia, delle straniere venute dall’Est per diventare quasi “di famiglia” . E’ un film sulla migrazione di oggi e sulla straordinaria capacità delle donne di affrontare con forza e ironia le dure sfide del quotidiano.

sabato 2 ottobre 2010

Medicina e controllo sociale - a cura di Giuseppina Cersosimo (Kurumuny)





















Medicina e controllo sociale è parte di un lavoro più ampio dedicato al controllo sociale (Social control. An Introduction), scritto da J. Chriss nel 2007. Il rapporto tra medicina e controllo sociale è tema che ha una rilevanza e attualità in tutto il mondo, e che accentua la sua dimensione in un’epoca nella quale spesso l’individuo delega e deresponsabilizza se stesso da alcuni problemi, chiedendo ad altri di prendersene cura. Il testo affronta come sia rilevante nella modernità la dimensione del controllo sociale medico, in concomitanza con lo sviluppo della medicina e dei gruppi professionali ad essa associata. Inoltre pone in evidenza quali sono le due branche della medicina particolarmente adatte a sviluppare e sorvegliare la salute dei cittadini: la psichiatria e la salute pubblica. Il libro fornisce una visione complessiva della natura del controllo medico, iniziando con lo spiegare, mediante le categorie della sociologia classica, la forma del controllo sociale esercitato da una varietà di attori sociali: medici e non medici, all’interno di varie sfere istituzionali quali la famiglia, la scuola, la comunità e così via. In questo senso nella società contemporanea si va ben oltre l’idea dello sviluppo della medicalizzazione, infatti si introducono nella discussione una serie di nuovi concetti come demedicalizzazione, rimedicalizzazione e biomedicalizzazione, per indicare che la medicina non agisce né in modo unitario né unidirezionale rispetto alle sue funzioni di controllo. Il testo intende, inoltre, presentare in che modo e misura il controllo medico impatta in modo differente sugli uomini e sulle donne.

L’autore
James J. Chriss è professore di Sociologia presso la Cleveland State University, tra i suoi interessi di ricerca la teoria sociologica, i problemi del controllo sociale, della criminalità e delinquenza, della salute mentale, della sociologia della salute e della medicina e della sociologia giuridica. Tra le sue pubblicazioni: Social Control: un’introduzione da cui è tratto il saggio presentato (2007 Polity Press); Alvin Gouldner: Sociologist and outlaw marxist (1999, Ashgate); ha curato il volume Counseling and the Therapeutic State (1999, de Gruyter).

Giuseppina Cersosimo è ricercatrice di Sociologia presso l’Università di Salerno, dove insegna Istituzioni di Sociologia. Tra i suoi principali interessi di ricerca: teorie sociologiche, sociologia della salute e della medicina; studi di genere, devianza e controllo sociale. Ha pubblicato: Hygeia. Percorsi di sociologia della salute e della medicina (Palomar, 2008). Donne e Alcol. L’equilibrio desiderato (Liguori, 2007); La costruzione della Salute. Percorsi di sviluppo dell’educazione sanitaria in Italia (Bologna, 2005); Un’epidemia contemporanea. Aids tra storia e costruzione sociale (Napoli, 2004); ha curato Sociologia e Medicina di Robert K. Merton (Roma, 2006); La medicina e l’origine delle professioni. La misurazione dell’influenza sociale di William I. Thomas, (Roma, 2007).

venerdì 1 ottobre 2010

Firenze di Pratolini - un documentario di Cecilia Mangini (Kurumuny)





















Il libro ripropone in dvd un rarissimo documentario a colori girato a Firenze nel 1956: La Firenze di Pratolini della regista romana Cecilia Mangini che scrive la sceneggiatura, cura la regia e arricchisce le immagini con un testo composto direttamente da Vasco Pratolini. È un documentario che per struttura, tensione interna, compostezza delle immagini, si iscrive perfettamente nella documentaristica degli anni Cinquanta: il taglio narrativo, le immagini che corrispondono al testo letto da un attore, la durata sono tutti aspetti tipici di questo genere cinematografico. Il documentario è girato principalmente nel quartiere di San Frediano ed è uno spaccato sulla vita quotidiana della Firenze del tempo, attraverso i luoghi privilegiati dallo scrittore fiorentino. Parallelamente alla riprese, Cecilia Mangini realizza un rilevante corpus fotografico: foto in bianco e nero che ritraggono una Firenze ormai sparita, fatta di piccole botteghe artigiane diretta espressione della società del tempo. Cecilia Mangini è una fotografa professionista, e numerosi scatti della sua carriera sono stati inclusi, tra l’altro, nella Storia fotografica d’Italia per Einaudi. Kurumuny edizioni pubblica questi eccezionali documenti e dall’archivio personale di Cecilia Mangini una sceneggiatura inedita di Vasco Pratolini per un documentario su Firenze che non è stato mai realizzato. Il volume, arricchito da saggi critici sul documentario e da un’intervista alla regista, è curato da Andrea Vannini e Mirko Grasso. INFORMAZIONI SUGLI AUTORI Andrea Vannini: Critico e studioso di storia del cinema, ideatore-animatore di centri di cultura cinematografica a Firenze: Kino Spazio, Spazio Uno, La bottega del cinema e cineteca di Firenze. Ha scritto per vari giornali tra cui «Paese Sera» e «Il Nuovo Corriere», dal 1975 agli anni ’80. Ha ideato e diretto la rivista cinematografica «Cult movie» (1980-1984). Ha pubblicato: Sogni Proibiti (1979), l’aggiornamento de Il cinema di Geoges Sadoul (1981), 1975/1985: Le strane occasioni del cinema italiano, Vasco Pratolini e il cinema (1987/1989), Firenze nel cinema (1990), Lorenzo il Magnifico e la dinastia dei Medici al cinema (1992). Nel 2003 ha realizzato il video montaggio Pratolini al cienema. Mirko Grasso (1977) è originario di Galatone (Lecce). Si occupa di cinema documentaristico e inchieste sociali. Scrive per le riviste «Aprile», «Lo straniero», «Quaderni di Cinemasud». Ha pubblicato – sempre per Kurumuny Edizioni – Stendalì, canti e immagini della morte nella Grecìa Salentina (2005). Insegna materie letterarie. INFORMAZIONI SULLA REGISTA: Cecilia Mangini, nata a Mola di Bari nel 1927, regista, fotografa, critica cinematografica. Ha realizzato numerosi documentari sulle realtà popolari e periferiche, contadine, industriali, unendo la passione per il cinema all’impegno civile. Dopo un intenso apprendistato artistico, tra circoli di cinema e la collaborazione alle riviste «Cinema Nuovo» di Guido Aristarco e «L’Eco del Cinema» di Umberto Barbaro, passa direttamente alla regia. Per leggere correttamente la storia cinematografica e sociale che la regista scrive è utile soffermarsi sui primi quattro lavori che forniscono alcune chiavi interpretative importanti. Ignoti alla città (1958), Firenze di Pratolini (1959), Stendalì (1960) e La canta delle marane (1962) condensano le peculiarità del cinema di Cecilia Mangini. I testi scritti da Pier Paolo Pasolini per Ignoti alla città, Stendalì e La canta delle marane e i documentari si inseriscono in quel clima di scoperta e narrazione della realtà italiana, quella vera, misera e sottoproletaria. Una scoperta che, unita a una forte passione civile, diviene una proposta di analisi e di lotta concreta, un contributo fondamentale nel dibattito della sinistra di quegli anni. Il percorso cinematografico di Cecilia Mangini, che si unisce a quello di Lino Del Fra, suo compagno di vita e grande documentarista, attraversa anche numerosi e principali nodi politici e storiografici: Stalin (1963), non firmato per dissenso verticale con le richieste di modifica del produttore, il celebre film di montaggio All’armi siam fascisti! (1962), Antonio Gramsci. I giorni del carcere (1977), propongono momenti di riflessione e dibattito su figure chiave della politica internazionale e una netta posizione di lotta a ogni tipo di fascismo. La regista continuerà una costante indagine sulla società con documentari come Essere donne (1964), Felice Natale (1960), Tommaso (1965), La briglia sul collo (1971), Mi chiamo Claudio Rossi (1972) e molti altri, oltre all’inchiesta in due puntate per la Rai Domani vincerò (1969). Firenze di Pratolini, che riproponiamo in dvd accompagnato da preziosi documenti e materiali fotografici, si avvale del commento alle immagini realizzato da Vasco Pratolini. La sua Firenze, quella popolare, altamente dignitosa nelle sua quotidianità e povertà, viene sapientemente filmata dalla regista. È un viaggio all’interno di un mondo, di una realtà, di un sistema sociale ormai scomparso e che rivela, con queste immagini, tutta la forza, la consapevolezza e la voglia di riscatto di quelle che erano la classi più umili e popolari. Il cinema di Cecilia Mangini è un lungo viaggio attraverso l’Italia: Firenze di Pratolini è una straordinaria partenza.