mercoledì 31 ottobre 2018

"IMPEGNO e DISINCANTO" di Annibale Gagliani edito da I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno alla Casa delle Arti - Spazio Alda Merini


























Con il Patrocinio del Comune di Milano Municipio 6,  Fondazione Gaber, Casa delle Arti Spazio Alda Merini SABATO 3 NOVEMBRE 2018, ORE 18:30 ci sarà la presentazione  del saggio "IMPEGNO e DISINCANTO" di Annibale Gagliani edito da I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno nella Casa delle Arti - Spazio Alda Merini (via Magolfa 32 - MILANO). Ospite Paolo Dal Bon (Presidente Fondazione Gaber) , introduce Diana Battaggia, modera Stefano Donno editore de I Quaderni del Bardo Edizioni). Incursioni musicali e poetiche a cura di Federico Montefusco Chiara Evangelista.
CON LA PREFAZIONE DI MARCELLO APRILE, PROFESSORE ORDINARIO DI LINGUISTICA ITALIANA DELL’UNIVERSITÀ DEL SALENTO E RESPONSABILE DELLA LETTERA “D” DEL DIZIONARIO ETIMOLOGICO “LEI”
Esce in questi giorni il libro di Annibale Gagliani, «Impegno e disincanto in Pasolini, De André, Gaber e R. Gaetano», i Quaderni del Bardo edizioni di Stefano Donno. Quattro fuoriclasse del nostro Novecento: un professore, un filosofo e due poeti. In un frangente storico di profonda povertà valoriale e artistica, essi ci indicano la strada verso l’Umanesimo Nuovo, analizzando emozionalmente e asetticamente gli ultimi centosessant’anni d’Italia e del mondo Occidentale (bilaterale). I Quattro emanano una luce invincibile, in grado di penetrare nelle tenebre contemporanee che svuotano progressivamente l’individuo. La loro arte è disincanto allo stato puro: poesia, prosa, cinema, teatro e musica: le armi più potenti per sfuggire all’omologazione socioculturale del Duemila. Il 68 è un grosso inganno, le mode del mercato sono letali, la mancanza di sensibilità civile sempre più evidente. In questo viaggio disincantato, eseguito attraverso i testi, le fonti e le testimonianze più vicine agli artisti, si può rivoluzionare se stessi, abbracciando umanamente le incommensurabili profezie.
Per Gagliani la scelta di affidarsi a questi Quattro a-topos della parola, del silenzio e del suono non è casuale: «Essi sono i più attuali che la nostra cultura contemporanea abbia sfornato e lo saranno per sempre, come accade ai più grandi. Sono visionari, sensibili ed estremamente innovativi. Tutto l’opposto del 99% degli pseudo-artisti che navigano in mainstream oggi. Quest’ultimi narrano il falso: i tatuaggi, il look alla moda e l’aria dannata li fa sembrare all’avanguardia, invece sono obsoleti dentro. I veri narratori della nostra epoca e del prossimo trentennio sono PPP, FDA, GG e RG».
Come afferma Paolo Dal Bon – presidente della Fondazione Giorgio Gaber – all’interno del saggio, «Essi hanno “un’intatta percezione del dolore”. Sono tutti e quattro intellettuali degli ultimi, narratori delle ingiustizie terrene verso i più deboli e osservatori delle grandi contraddizioni dell’uomo contemporaneo».
I Quattro Profeti hanno in comune la letteratura di formazione e le battaglie combattute, contaminandosi a vicenda indirettamente. Pasolini ha profondamente ispirato, soprattutto con i suoi Scritti Corsari, Faber, Gaber e Rino Gaetano. De André e Gaber sono gli artisti di punta del Sessantotto e si sono ritrovati ad avere una determinante amicizia in comune: Luigi Tenco, che ha collaborato con tutti e due e dopo la sua morte ha cambiato la vita a entrambi. Riguardo Rino Gaetano, è cresciuto leggendo Pasolini, ascoltando De André e guardando Gaber a teatro. In estrema sintesi, un professore delle arti, PPP, un poeta tradizionale aperto al futuro, FDA, un vero filosofo, GG, un poeta fantascientifico che stazionava già nel futuro, RG, hanno scelto la strada più ardua, non violentando loro stessi ed esprimendo un’arte di fortissimo impegno e disincanto sociale. Venivano criticati dagli “intellettuali” del potere, dalla gente frivola che ghettizzava i loro testi per evidenti deficit di sensibilità. Uniti, tutti e quattro, sono invincibili. Diventano un’arma dolcissima in grado di colpire e migliorare una generazione, quella dell’autore. Gagliani spiega le intenzioni del suo lavoro: «Se il saggio verrà letto da tanti giovani, magari si accenderà la curiosità di ascoltare con spirito nuovo i cantautori che cito, omaggiando di conseguenza l’opera totale di Pasolini. Allora sì, questo viaggio avrà un senso. Allora sì, ne sarà valsa la pena».
«Il primo libro di Annibale Gagliani è lo sviluppo di un traguardo personale importante, lungamente pensato, sviluppato, limato, articolato negli anni precedenti, in cui l’autore ha esercitato una pazienza non comune ed è andato alla ricerca di fonti e interpretazioni che spesso sono testimoniali e di prima mano […]. Quando si ha a che fare con quattro icone riconosciute della cultura alta e popolare dell’Italia contemporanea non è facile dire qualcosa di nuovo, o anche semplicemente non è scontato evitare di scrivere quattro profili staccati e avulsi, estranei tra loro, tanti quanti sono gli artisti (tutti Maestri della parola, tre su quattro anche del suono) che l’autore ha illustrato in questo libro. Ne è venuto fuori un percorso duro, compatto, radicale; un insieme in cui appare chiaro, nelle persino ovvie diversità di espressioni, temi, percorsi (anche politici), epoche, che cosa unisce Pier Paolo Pasolini, Fabrizio De André, Giorgio Gaber e Rino Gaetano. Com’è giusto, Annibale Gagliani salta sulle differenze e nota affinità mai venute fuori prima, che però sono lì, pronte per essere scoperte».

(Dalla prefazione di «Impegno e disincanto in Pasolini, De André, Gaber e R. Gaetano», curata dal Prof. Marcello Aprile)
Annibale Gagliani nasce a Mesagne (BR) il 4 ottobre del 1992. Si laurea con lode in Lettere Moderne all’Università del Salento, dopo aver discusso una tesi sul linguaggio disincantato. È tra i vincitori della seconda edizione del Master in Giornalismo 3.0 di Nuovevoci Network, a Napoli. Comincia il suo sentiero narrativo ricevendo il premio della critica alla terza edizione del concorso letterario nazionale “Fuori dal cassetto”, per un racconto dedicato ai lavoratori dell’ILVA, “La vita è un viaggio favoloso”. Nel 2013 instaura una collaborazione con l’amministrazione del comune di San Donaci (BR) e diviene responsabile del laboratorio urbano “Officine Creative”, promotore della cultura di strada. Nel 2014 costruisce e organizza, assieme al Professore Marcello Aprile, la rassegna universitaria di seminari rivoluzionari, “Cafè Barocco Revolution”, che registra cinque edizioni. Nel 2015 lavora come reporter per la web tv d’Ateneo dell’Università del Salento, The Box Tv. Alla fine dello stesso anno si distingue come narratore al Workshop giornalistico di Sportitalia, a Milano. Nel 2016 diventa responsabile della sezione culturale di «Leccecronaca.it», dove racconta vizi e virtù del Tacco d’Italia. Alla fine del 2016 avvia una collaborazione con «Rompipallone.it», curando una rubrica video che fonde l’arte al calcio: “L’arte del gusto calcistico”. Nello stesso periodo è corrispondente di Radio Dimensione Italia per il calcio internazionale, editorialista di punta per «Sport in Condotta» e ospite della trasmissione leccese Piazza Giallorossa. Dal 2017 collabora con il «Nuovo Quotidiano di Puglia», raccontando l’ardente cronaca della provincia di Brindisi. Da gennaio 2018 narra di letteratura e politica per la rivista romana «L’Intellettuale Dissidente», e di musica e sport per il periodico «Contrasti». È conosciuto negli ambienti culturali salentini per le sue poesie anarchiche, che profumano di simbolismo e lasciano un sapore romantico sulle labbra. Tra i suoi modelli intellettuali, oltre ai Quattro Profeti del saggio «Impegno e disincanto», ritroviamo Albert Camus, Roland Barthes, Leonardo Sciascia, Eugenio Montale, Beppe Viola e Gianni Brera. 

iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)

Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 - 73107 Sannicola (LE)

L’isola sulla terra di Edoardo Micati (I Libri di Icaro)
























L’Isola in Terra è un’isola che non vede il mare che pure gli è vicino. L’autore l’ha pensata per quarant’anni girando per la Puglia e la Basilicata come agente di commercio. Qui ha fatto nascere Scarfagnano, una cittadina costruita prendendo dai suoi ricordi i piccoli paesi, vie intere o una singola casa, una piazza, un castello, bar, osteria, chiesa, ecc. ecc. , insomma parti di territorio legate a fatti e avvenimenti, e l’ha popolata con tutte le persone care conosciute, pure quelle meno simpatiche, gli amici con i quali spesso ci scappava la partita a scopa o a tressette, seduti attorno a un traballante tavolino del caffè del paese. Spesso, le partite s’interrompevano nel momento in cui il barbiere, il salumiere, il farmacista, o il solito nullafacente, sempre disponibile, attaccava a contare li cunti. Storie piccanti, sarcastiche, di spasso nel caso dei guai capitati al bello del paese, di sdegno per l’assassinio d’un certo Pantaleo, divertenti per le disavventure capitate al podestà ed ai suoi avanguardisti, misteriose come quella della Luna di Maometto ecc. ecc. E ogni storia finiva con la solita frase: …. e t’aggiu cuntatu lu cuntu.
Tutte le volte che ne ascoltava una nuova, mentre era solo nell’auto pensava: quando smetterò con questo lavoro scriverò un libro…
Leggiamo di vicende che si snocciolano dal 1933 fino a giungere ai giorni nostri. Il fascismo, la caduta del regime, gli anni del benessere e della democrazia, tenuti insieme da una scrittura dialogativa che tesse trame e sempre si volge al finale “curioso”, ironico.
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Carlotta la dea trans

L'implacabilità dell'oggetto: tracce di quotidianità di Paola Scialpi

martedì 30 ottobre 2018

Buttate la poesia tra le gambe di una donna che passeggia di Elisa Longo...

La profezia di Ibn Al Farrà Acaya – Taranto 1414-1944 di Edoardo Micati ...

Di me e degli altri di Lucia Iovino (collana Z, curata da Nicola Vacca) euro 10
























Gentile e severa è la voce di Lucia Iovino in Di me e degli altri. Certa che nell’Io si assuma il cosmo e che dunque “gli altri” non siano, come asseriva Sartre, l’inferno, ma lo specchio franto di cui ogni scheggia è pixel della propria immagine, Lucia Iovino non soccombe alla tentazione di Narciso, non affoga nel proprio riflesso ma combina sé stessa nella Moltitudine cantata da Whitman. Dunque quello che ci propone giammai sarà un selfie modarolo, catturato dalla precarietà di un social che è cortile di tutti e di nessuno, quanto un vero e proprio autoritratto deliberato in un Io plurale, dove i versi ambiscono a farsi tinta, a restituire il senso profondo del colore sfidando l’impossibilità del dire che è l’eterno agone della poesia (…nel giallo del sole, \dove il nero e il bianco si perdono; Il verde di un varco \sui confini di una identità \perché la libertà non sia solitudine; …Il rosso dell’arte \che incendia una tela.). Il NOI si esplicita come empatia vitale. È una indulgenza materna che desume del prossimo la gioia e il dolore per restituirli in versi, liberi e compatti, come piccoli grandi doni che risarciscano di quella vita che deve diventare esistenza (Finisce la vita \ comincia l’esistenza). La vita per Lucia Iovino è cosa “terribile e meravigliosa” (Navigo a vista \sul mio veliero di emozioni \tenendo la, \concretezza e lucidità, \rotta fra nebbia e follia solcando le tempeste e le lagune \della mia terribile, splendida vita) e si declina in anafore che sciolgono mantra per impetrare la felicità e rendere ragione della sofferenza secondo l’idea orientale del duale, yin e yang, il Bene e il Male, il bianco e il nero (La vita è un gioco di vuoto e pieno) che affinché la vita sussista devono coesistere. (Antonella Del Giudice)

Lucia Iovino è nata a Torre Annunziata. Ha lavorato nella scuola ma la poesia è da sempre la sua passione. Questo è il suo primo libro.
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