giovedì 21 giugno 2012

Gli esorcisti del Vaticano. La guerra contro il diavolo nel XXI secolo di Tracy Wilkinson (Edizioni L’Età dell’Acquario)


Si tratta di uno dei riti più antichi, arcani e, per alcuni, più imbarazzanti della Chiesa cattolica. Eppure la domanda di esorcismi – e di esorcisti qualificati – cresce di anno in anno vertiginosamente. Per Tracy Wilkinson, corrispondente del «Los Angeles Times», la «disintossicazione dal diavolo» è diventata una vera e propria industria, con i suoi sostenitori, i suoi congressi internazionali e, naturalmente, i suoi aspri detrattori.
L’autrice ci presenta alcuni tra i principali protagonisti: da padre Gabriele Amorth, l’energico ottuagenario strenuo difensore dell’esorcismo, al «ribelle» Emmanuel Milingo, il prelato africano che con i suoi comportamenti provocatori ha creato più di un imbarazzo nelle alte sfere del Vaticano; per giungere alla nuova generazione di esorcisti, più cauta nel valutare i casi in cui è davvero auspicabile la pratica del «rito di liberazione».
L’inchiesta della Wilkinson pone poi alcune domande basilari: quali sono le responsabilità individuali degli individui posseduti? Dietro la cosiddetta possessione non si nascondono problemi che richiederebbero una terapia psicologica o psichiatrica? Perché la maggioranza delle persone che si sottopongono agli esorcismi sono donne?
Per trovare una risposta a questi e ad altri interrogativi l’autrice ha effettuato una estesa e impegnativa ricerca «sul campo», intervistando sacerdoti, psichiatri, intellettuali, raccogliendo la testimonianza diretta di tre donne possedute e assistendo a due esorcismi. Il risultato è un viaggio avvincente, e spesso sorprendente, fra credenze, ossessioni, paure, rituali, demoni reali o immaginari. Un viaggio alla scoperta del posto e del ruolo del diavolo nella società del XXI secolo.
TRACY WILKINSON dirige la sede di Roma del «Los Angeles Times». È responsabile delle notizie dall’Italia, dal Vaticano, dalla Spagna, dalla Turchia, dalla Grecia e dall’area del Mediterraneo. È stata insignita del Polk Award for Foreign Reporting per il lavoro svolto in Bosnia e in Kosovo negli anni ’90.

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