martedì 20 maggio 2014

Intervista a cura di Stefano D’Almo ad Alessandra Taverna, presidentessa del neonato parco della Laguna Nord di Venezia



Il 12 maggio scorso è nato il parco della Laguna Nord di Venezia. Definito parco Regionale d’interesse locale, in realtà riguarda un territorio che, per storia, tradizioni, collocazione, morfologia e dimensioni, presenta una sfera d’interesse decisamente più ampia, che si estende anche al piano internazionale. Per le sue peculiarità infatti, trattandosi di un’ampia area ad interesse insieme naturalistico antropologico, si presta a divenire un laboratorio nel quale sperimentare nuove forme di coesistenza e di interazione tra uomo e natura. Candidandosi a diventare un  modello di riferimento. Quella che segue è l’intervista ad Alessandra Taverna, presidentessa dell’istituzione Parco della Laguna Nord.

D: Presidentessa Taverna, una settimana fa il Consiglio comunale di Venezia ha approvato l’istituzione del Parco della Laguna Nord. Una gestazione lunga, accompagnata da molte polemiche. Perché tanta ostilità verso questa iniziativa?
R In questa vicenda c’è stata una certa strumentalizzazione politica, legata soprattutto all’idea che i parchi naturali siano di fatto un modo per attivare dei vincoli alle attività umane, tra cui l’edilizia, il trasporto, la caccia e la pesca. E’ da questo pregiudizio che nasce gran parte delle ostilità.

D: In effetti molte delle contestazioni, delle petizioni e finanche delle esplicite minacce contro il parco e i suoi promotori sono state dettate dal timore, da parte dei residenti, di nuovi vincoli e divieti più o meno restrittivi della libertà, col pretesto della tutela. Ciò in un contesto già per molti versi penalizzato da difficoltà varie. Come fugare questi timori?

R Basta leggere il dispositivo della legge 40 del 1984 per capire che, il tipo di parco che il Comune di Venezia ha scelto - o meglio, è stato costretto ad adottare – vale a dire quello regionale d’interesse locale, nasce con caratteristiche giuridiche totalmente diverse dai parchi regionali naturali. Leggendo gli articoli di legge si capisce che poco può essere aggiunto all’esistente. La laguna è già sottoposta a una serie di vincoli imposti dalla normativa europea, mi riferisco in particolare alle direttive sulla protezione degli uccelli e alla regolamentazione quale area umida, regole che ci sono già.
Il punto è fare in modo che questi vincoli vengano rispettati. Credo che il timore sia proprio quello: che finalmente vengano fatti rispettare dei vincoli che, di fatto, esistono ma sono in molti casi ignorati. Sto pensando al problema del traffico acqueo e alle normative sulla velocità. Vi sono molti canali di competenza della Provincia e in particolare del Magistrato alle acque, dove i limiti attuali, peraltro alti - venti km/h sull’acqua non sono pochi - vengono sistematicamente superati.
Come informare e come convincere? Facendo una seria campagna d’informazione, cosa che peraltro l’assessorato ha già cercato di fare, rispetto alle possibilità offerte dalla costituzione di un parco d’interesse locale, l’unico tipo di parco che un comune può istituire autonomamente, che è certamente meno restrittivo di un parco regionale. Ciò detto, chiunque può capire, a meno che non voglia strumentalizzare a tutti i costi l’operazione, che non stiamo parlando di un parco d’alta montagna sito tra i boschi, ma di un territorio fortemente antropizzato, ragion per cui  non potrà prescindere dalle attività svolte dai residenti, dalle iniziative e dalle vicende economiche e umane della gente che ci abita.
Proprio ieri si è svolta la prima edizione 2014 di “Isole in rete”, un’iniziativa che mette appunto in rete tutte le realtà pubbliche e private che operano in laguna a vario titolo, sia con attività commerciali, sia con servizi di guida naturalistica o di promozione culturale. La risposta è stata incoraggiante: quasi mille persone hanno partecipato ieri alle molte iniziative che abbiamo organizzato: servizi di ristorazione ma anche visite guidate a monumenti, chiese e conventi che si sono spinte fino alle origini di Venezia, vale a dire Quarto D’Altino e dintorni. E molte altre sono state le persone che hanno comunque utilizzato le linee di trasporto pubblico predisposte per l’occasione. E’ questa la dimensione di parco sulla quale io ho sempre lavorato, da più di dieci anni a questa parte.
Sono convinta che tutti quelli che vivono e lavorano in laguna debbano poter beneficiare del riconoscimento giuridico dell’area come parco. Non è intenzione di nessuno penalizzarli in questo senso; l’obiettivo che si è prefisso l’amministrazione comunale in generale, che io condivido pienamente è quello di valorizzare coloro che nel parco ci sono già e che vi lavorano, che vi hanno sempre lavorato come se il parco esistesse già. Anche per quanto riguarda la pesca e soprattutto la caccia, il piano ambientale e la delibera del parco passata in consiglio comunale non prevedono novità: il piano venatorio è quello della Provincia e non v’è alcuna restrizione rispetto a quello.

D: Si assiste ad un progressivo abbandono delle isole della Laguna Nord. Burano in cinquant’anni è passata da 8000 a 2700 abitanti. Come invertire questa tendenza all’abbandono ed evitare che splendide isole come queste diventino delle belle scatole vuote o un ospizio a cielo aperto? Potrà diventare il parco della Laguna Nord un elemento propulsore dello sviluppo economico e della socialità?

R Anche in questo senso il parco potrà venire incontro ai residenti. Mi riferisco ad aspetti collegati alle questioni urbanistiche, di residenzialità. Qualcuno si è stupito quando l’ho detto, ma è difficile che le piccole casette di Burano possano rispondere alle esigenze di una giovane coppia. C’è poi un aspetto di tipo economico: ho sentito emergere nei residenti, ma pure negli operatori economici dell’isola, il desiderio di poter affiancare al reddito normale che proviene dalla professione, quello ad esempio che può provenire dall’istituzione di un albergo diffuso, secondo i modelli che si sono già affermati altrove. Penso alla Carnia, in Friuli Venezia Giulia, o alle colline dell’Umbria. In questo modo le persone che stanno lasciando Burano per una serie di motivi, tra cui i problemi abitativi, ma anche per le scarse opportunità di lavoro, circoscritte a pochi settori, potranno trovare in questo modo la possibilità di ottenere un reddito integrativo. Credo però che il problema principale resti quello dei trasporti. Un’ora di vaporetto per raggiungere la terra ferma è obiettivamente un po’ troppo, ed è per questo che stiamo lavorando per promuovere collegamenti diversi da quelli attuali, ma comunque sempre in forma di trasporto pubblico. Il punto è saper coniugare le esigenze dei residenti con quelle dei turisti. Molti sembrano scandalizzarsi quando si parla di turismo, ma è inutile nascondersi dietro un dito: le isole della Laguna Nord non possono più prescindere da questa importante risorsa economica. Ciò non significa però che non si debba puntare ad un turismo consapevole, sostenibile, di qualità e con numeri diversi. Un turismo meno “mordi e fuggi” di quello attuale, che si soffermi un po’ più a lungo ad approfondire la conoscenza dei  luoghi e delle persone e che non può prescindere dal un efficiente trasporto pubblico.

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