domenica 14 settembre 2008

Amore e libertà di Maria Zimotti

Se un figlio si accorgesse che per caso
è nato tra migliaia di occasioni
capirebbe i sogni che la vita dà
con gioia ne vivrebbe tutte quante le illusioni


(F.Battiato, Energia)

Non hai forza per tentare
di cambiare il tuo avvenire
per paura di scoprire
libertà che non vuoi avere


(F.Battiato, Il silenzio del rumore)







Scrivere di te non è facile.
Dei tuoi occhi azzurri vuoti e pungenti.
Degli abbracci che vorrei darti per soffocare il tuo dolore.
Sono io la colpevole come una di quelle megere delle novelle di Pirandello.
A che serve leggere?
A che serve scrivere?
Guardare tutta l'umanità, raccoglierne tutte le confidenze, leggere negli occhi quando non ho saputo leggere nei tuoi?
E nella notte te ne vai verso la vita disperata, disperando la felicità.
Io non ti aiuto.
Viscide sono le mie mani che vogliono trattenerti.
Solo senso di possesso.
Avrei voluto che le tue braccia mi stritolassero.
Marmo freddo il tuo cuore che batte.
La morte mi avvolge, hai detto.
Ora che sono sola ci ripenso a quelle parole e sono punta nel mio orgoglio per non averti capito.
Ma come posso capire se è il mare che ci separa.
Il mare ci allontana.
Si agitano false verità nelle tue parole.
Ti amo veramente e con in mano la mia psicologia empirica e spicciola ti vedo seduto al tavolino di un bar, a Villa San Giovanni, nella periferia milanese densa di pugliesi.
Da lì sei partito, prima, prima di conoscere questa vita che vuoi buttare come Adriano Meis.
Guardale, guardale queste strade amore mio.
Libera il tuo cuore dalla vernice gelida del pessimismo in cui l'hai soffocato e richiama i ricordi.
Non tutti sono brutti, angoscianti.
C'è una ragazza insipida, diremmo, che ha gli occhi annacquati da miope che nel grigio cielo della grigia periferia esce da scuola tra pozzanghere.
Gli occhi sono sognanti perchè ha nella testa un grande amore.
Il tutto.
Non ti guarda neanche nella tua divisa ostentata come trofeo, come la portavano i semplici ragazzi degli anni 60.
Amore di casualità d'incontri nelle immense compagnie evocate da Max Pezzali.
Amore di domeniche piovose, con piccole pulsioni pomeridiane, languori brevi e sonnolenti.
Quelle domeniche di Toto Cutugno e del partigiano come presidente.
Le vedi quelle domeniche amore, in questa Milano spenta e non solo perchè è notte?
Io le vedo.
Mi basta un attimo, uno sguardo di striscio mentre sono in macchina e passo davanti a quel maneggio abbandonato dove abbiamo diviso e unito le nostre angoscie.
E tremavi...
La nebbia dell'85 ha regalato venti giorni d'oblio, di notte perenne come la notte prolungata del Polo Nord.
Tu non le vedi quelle notti.
Quelle notti di finestrini appannati.
Certe cellule, dicono gli studiosi del cancro, contengono in sè la predisposizione a degenerare.
Basta poi un piccolo, aleatorio, vago, non definito detonatore ambientale a fare avvenire la debacle.
Tu non le vedi quelle notti, non ti fanno tenerezza i ricordi perchè ciò che in silenzio è avvenuto dentro di tè mentre ti imbottivi di false verità è arrivato al culmine e ha velato i tuoi occhi.
Io non lo conosco questo tuo dolore, questo tuo dolore sordo.
So che sei lontano da me adesso.
Non mi vuoi, non la vuoi più quella ragazza miope e tutta presa dal suo grande amore che volevi per lenire la tua solitudine.
Io la vita l'ho sempre amata e vorrei riprogrammare i tuoi geni perchè tu possa smettere di farti del male.
Mi sono sempre sentita splendida, splendida per quella goccia di vita nata per caso che ero.
Ricordi, ancora ricordi.
Fuochi d'artificio nella notte d'estate sul mare frizzante.
Nel mito del sesso mai provato era l'esplosione che aspettavo da te.
Libera lo sono sempre stata.
Tu non lo sei stato mai.
Forse mi sono veramente nutrita di te, espandendo la mia presunzione, aprendomi alla vita con un noi che era solo io.
Quando è successo?
Quando è successo che hai deciso di andare nel vuoto, per provare la vertigine di un'altra vita?
La libertà che ti ha portato ad essere solo nella notte, seduto al tavolino di un bar?
Mi ha raccontato un caro amico, uno dei tanti uomini di cui avrei potuto innamorarmi, di vasi che si riempiono e l'acqua che a un certo punto non ne può più e deve uscire, deve uscire.
Meglio farla uscire ogni tanto, sfiatare un poco per evitare che poi debordi del tutto.
E io ho capito che non capisco niente degli uomini.
Alla deriva, alla deriva.
Ora l'acqua ha allagato tutto, non c'è rimedio.
E in questa nuova vita stai annegando.
Ed è colpa mia.
Io ti dirò, per quella mia insistenza a mettere a posto le cose, che la vita è bella, è un miracolo.
Ma io sono l'idea e la realtà.
La realtà è questo voler raccogliere quest'acqua con lo straccio per poterti trattenere con me.
E ti dovrei lasciare andare, perchè la vita è bella e quando uno non sta bene se ne va.
Ma come rinasci amore mio?
Come rinasci senza radici?
E mentre tu rinasci io muoio.
Muore l'idea, quell'amore che avevo costruito sull'ebrezza dei miei sedici anni, quando pensavo che la vita era uno stato di diritto.
E quando aborrivo l'aborto, ricordo, nonostante il mio rispetto laico per tutte le idee.
Perchè i miei figli futuri, l'idea di loro, erano già dentro di me.
E avrei voluto essere tua madre, perchè avrei saputo come prendermi cura di te, avrei capito.
Ti avrei insegnato che ogni minuto è prezioso.
Ti avrei insegnato ad aprire le braccia.
Ti avrei letto negli occhi.
Sei tu la mia sconfitta.
Ed io sono la tua.
Si sono rotti gli argini.
Tu non sei più nella noia rassicurante delle quattro mura che i tuoi occhi guardavano inquieti.
Nella tua libertà ricorda che ogni minuto è prezioso, non cercare altri oblii, sogna, se ti riesce.
Io aspetterò sempre come la disillusa figura di un quadro espressionista degli anni trenta visto da bambina sull'Enciclopedia dell'Arte.
Capo chino di lato accanto ad una tavola apparecchiata per un uomo che non arriverà mai.
Attesa vana come le tante notti in cui non tornavi.


l'opera in questa sede proposta è di Tamara de Lempicka (Tamara Rosalia Gurwik- Górska)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sputa fuori tutto
sputalo fuori
sputalo tutto
e che siano parole
che siano parole
soltanto pesantissime parole
a portarsi via quell'amore
che rimanga la libertà
quella senza la quale
nient'altro sarà
sia quel che vuoi
Maria

Vito

Anonimo ha detto...

Parole come pietre.
Epitaffi per sancire la fine ma anche per dare un senso.
Forse è così che l'amore diventa eterno.
E ora si apre un altro varco, qualcos'altro da scoprire.
Cos'è veramente la libertà?
Non siamo esseri fatti per restare da soli.
Altrimenti non scriveremmo, altrimenti non cercheremmo.
La libertà è dentro se stessi e non serve andarsene per cercarla.
Maria.