mercoledì 26 gennaio 2011

LA «RAGIONE DELLE PAROLE» - Dal «Caffé» al «Conciliatore»: discussioni su Lingua e Cultura di Rossella Abbaticchio (Pensa MultiMedia)













Quid est seccatura? Respondeo è più facile provarla che definirla. Per esempio chi ci assale con cento interrogazioni una dopo l’altra e vuol sapere d’onde veniamo, dove andiamo, dove s’è pranzato, che nuove abbiamo, quai libri leggiamo e così dicendo, quella è seccatura. Così se un autore ci venga a recitare un pezzo del suo libro o a dettagliarne il piano, l’ordine, gli encomi, la fatica senza che da noi sia di ciò richiesto, quella è seccatura. Così se uno ci venga a visitare per deporre su una scranna della nostra stanza il peso della sua esistenza e venga come un creditore che ha diritto d’essere da noi tratto dalla noia assorbendo il tempo nostro in così bell’ufficio, quello è un seccatore. Così se un per mestiero contraddica a tutte le proposizioni e sta sempre colla lancia e collo scudo in pronto per entrare in lizza e disputare, quello è un seccatore. […] Così se io seguitassi questa figura di ripetizione più a lungo sarei uno seccatore. (Pietro Verri)

Cosa curiosa! La nostra letteratura è già vecchia di circa sei secoli, e noi non ci siamo ancora intesi sulla questione preliminare della lingua! I nostri critici lilliputti sembrano disputare sotto le mura di Babele quando parlano del gran mistero dello stile! Chi ti rimanda al Trecento, chi al Cinquecento: chi scambia la lingua pretta col bello stile; chi ti comanda di adottare la maniera di due o tre modelli inevitabili; chi ti fulmina se osi mostrare uno stile che esprima la fisionomia dell’animo tuo, e non quella dell’altrui. È una vera disperazione l’udirli. (Pietro Borsieri)

In nessuna cosa più altamente si manifesta l’autorità dei più quanto nella lingua, la quale fondata sulla necessità d’intendersi può dirsi democratica per eccellenza. (Giambattista Niccolin)

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