mercoledì 16 novembre 2011

“Mugello sottosopra. Tute arancioni nei cantieri delle grandi opere “di Simona Baldanzi. Con fotografie dell'autrice e di Bernardo Gamberi e Riccardo Mazzoli (Ediesse). Intervento di Nunzio Festa























Esce in libreria un saggio assai dettagliato della scrittrice del Mugello Simona Baldanzi (autrice già pluripremiata grazie al suo romanzo d'esordio) dal titolo  “Mugello sottosopra. Tute arancioni nei cantieri delle grandi opere” (Ediesse) . Dopo il razzismo e la xenofobia che fa invisibili i migranti e li fa luccicare quando devono essere il “problema sicurezza” o il “pericolo”, terminologia buona per tutti e specie per i partiti da Pd a Pdl,  gli operai invisibili, meridionali, le tute arancioni, mai prese in considerazione, grazie alle quali è stata fatta, per dire, la dannosa Alta Velocità tosco-emiliana. Prima sui cantieri e nei campi base dell'Alta Velocità e andando avanti o sotto in quelli della Variante Valico. Un saggio-inchiesta che ovviamente ricorda molto il viaggio di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola nella condizione dei minatori della Maremma d'ormai decenni fa. Come una storia che, seppur diversamente, si ripete. Il libro di Baldanzi prende le mosse dalla tesi di laurea dell'autrice toscana. Un libro che ricorda in che maniera, innanzitutto, la Tav ha danneggiato l'acqua dell'area mugellese e quanti morti di lavoro questa modernità produce. Leggendo i volti dai campi base di Scarperia, Firenzuola, San Pellegrino e Carlone. Ascoltando i minatori, tutti del Sud, che sono le talpe buone al sogno della società moderna e involuta. Ottocento uomini, che vivono come in caserma ma non devono affratellarsi, grazie ai metodi imposti dalla Fiat e Impregilo e dalla altre entità che si garantiscono gli interessi veri, e che non dovrebbero immergersi nelle comunità locali. E non solo perché “nomadi”, ma perché Fiat ecc. dice d'aver messo tutto l'occorrente nelle lamiere dei campi. Dal televisore al letto da ospedale di fortuna. E in questa fondamentale opera letteraria come civile di Simona Baldanzi leggiamo la differenza fra i calabresi di Petilia Policastro e i lucani di Lauria. I minatori di Petilia Policastro provano a rivendicare diritti e cercare la gente dei luoghi toscani che devono temporaneamente vivere, ai loro paesi (vedi a Pagliarelle) fanno “la festa del minatore”, sono incazzati per le loro condizioni. I laurioti, invece, comunicano solo tra di loro. Vorrebbero il prepensionamento per risolvere il problema disoccupazione diffusa. Non sono sindacalizzati. Forse sono persino vittime consapevoli di 'capolarato' e sicuramente sono scelti per conoscenze e raccomandazioni varie. Non vogliono “integrarsi” con gli abitanti del Mugello. Le tute arancioni, comunque, che arrivano dalla Basilicata, che sbarcano dalla Calabria e che approdano dalla Sicilia sono il proletariato messo tra parentesi dalle pubblicità. Di settore e non. Gli esclusi. Gli ultimi al pari dei migranti che navigano da altre terre. E muoiono schiacciati mentre faticano. Come Pietro Mirabelli. E pochi si ricorderanno di loro. Persino nonostante le interviste e gli utilissimi questionari dell'appassionata Simona Baldanzi.        

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